Il presidente Putin ha dichiarato che l’Accordo sul grano non sarà ripristinato finché l’Occidente non soddisferà le richieste di Mosca sulle esportazioni agricole russe. Da Sochi, dove il capo di stato ha incontrato il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, non è giunta alcuna distensione, al contrario: Putin ha ribadito che «se gli impegni fossero stati rispettati» entro luglio, il suo Paese sarebbe potuto rientrare nell’intesa «entro pochi giorni». Tuttavia, i dati delle esportazioni di cereali del gigante euroasiatico delineano un quadro differente, in cui Mosca ha raggiunto cifre da record per il suo export agricolo l’anno passato.

NULLA DI FATTO per Erdogan che sperava, è evidente dalle dichiarazioni della vigilia, di tornare dalla Russia con un successo negoziale da tramutare subito in clamore mediatico. Putin è stato inamovibile: quando le controparti, ovvero l’Onu, l’Ucraina e la Turchia stessa, metteranno in atto misure per rimuovere gli ostacoli alle esportazioni di cereali e fertilizzanti russi, Mosca rientrerà nell’Accordo, non prima. E intanto promette: «Invieremo grano gratuitamente a sei Paesi africani occupandoci anche della logistica». Secondo le prime indiscrezioni gli stati in questione sarebbero i sei indicati dal Cremlino il mese scorso (Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Eritrea e Repubblica Centrafricana) e ognuno dovrebbe ricevere tra le 25 e le 50 mila tonnellate. Putin ha anche affermato che nel territorio della Federazione russa per l’anno in corso è prevista una produzione di 130 milioni di tonnellate di grano delle quali 60 milioni potranno essere esportate. Di queste ultime, una «a basso costo» sarà «presto» spedita in Turchia per «la lavorazione e la consegna ai Paesi in via di sviluppo».

LE DICHIARAZIONI di Putin hanno senz’altro deluso quanti speravano che i colloqui con Erdogan avessero degli effetti immediati sulla ripresa dei commerci marittimi a partire dai porti ucraini del Mar Nero. Più volte gli alti funzionari dell’Ue e dell’Onu hanno definito l’Accordo sul grano «un’intesa vitale per le forniture alimentari globali, soprattutto in Africa, Medio Oriente e Asia». Anche Erdogan ha espresso la speranza che una svolta possa arrivare presto, aggiungendo che la Turchia e le Nazioni unite hanno messo insieme un nuovo pacchetto di proposte per sbloccare la questione. «Credo che raggiungeremo una soluzione che soddisfi le aspettative in breve tempo» ha dichiarato il presidente turco nella conferenza stampa finale dell’incontro di Sochi. Dai funzionari Onu non sono arrivati chiarimenti su quali novità ci saranno in queste proposte.

I PREZZI del grano erano saliti subito dopo l’uscita della Russia dall’Accordo, ma nel giro di pochi giorni sono tornati a livelli normali, dimostrando che la speculazione sui mercati non è riuscita (almeno per ora) a trattare il grano come gli idrocarburi. Ma il contesto nel medio/lungo termine è incerto, dicono gli analisti. Per ora sappiamo che il negoziato sul ripristino o meno dell’accordo dipende da molti fattori e non solo dalle garanzie chieste da Mosca. Secondo diversi analisti, la Russia spera di poter usare la sua partecipazione come arma negoziale per ridurre le sanzioni economiche occidentali. Nonostante i paesi della Nato abbiano già rassicurato il Cremlino sul fatto che cibo e fertilizzanti sono esenti da tali sanzioni, le imprese russe lamentano la reticenza, o in alcuni casi l’aperta ostilità, delle aziende internazionali a fare affari con loro per paura di incorrere in problemi con i governi d’appartenenza. In occasioni del genere, si sa, il rischio d’ostracismo è sempre dietro l’angolo e basta un cambiamento del vento per venire bollati con marchi d’infamia che poi, nella pratica, si rivelano in un calo delle vendite. L’Ucraina è inoltre molto attenta nel segnalare costantemente le imprese che occidentali che continuano a commerciare con quelle russe.

ALCUNE ORE prima dell’incontro di Sochi, le forze del Cremlino hanno lanciato il secondo bombardamento in due giorni nella regione di Odessa. L’aeronautica dichiara di aver intercettato 23 dei 32 droni lanciati da Mosca senza, tuttavia, specificare eventuali danni subiti.