La Slovenia alle urne per rinnovare l’Assemblea nazionale: proporzionale puro e sbarramento al 4%. È la parte fondamentale del parlamento sloveno, la camera bassa, con potere legislativo e depositaria del potere di eleggere il governo. In autunno ci saranno le elezioni comunali e, ancora, la definizione della camera alta formata dalle rappresentanze locali con un ruolo propositivo e di coordinamento. Le votazioni per l’Assemblea nazionale sono già cominciate da qualche giorno, dall’estero è possibile votare per corrispondenza ma sembra ci siano non pochi ritardi nella consegna delle schede a chi ne ha fatto richiesta. Oggi invece si vota ai seggi, le schede verranno scrutinate subito e saranno poi una notte e un lunedì con il fiato sospeso.

Queste elezioni sono fondamentali per definire il nuovo governo. Tappa importantissima dopo la pesante egemonia della destra e il potere accentratore e autocratico di Janez Janša, che aspira al quarto mandato; una scadenza elettorale, quella di oggi, che potrebbe ridefinire la politica non solo della giovane piccola repubblica ma di tutta l’area che ancora orbita intorno a Orbán e al gruppo Visegrad. Rompere la cerchia nera dei paesi dell’Est europeo sembrerebbe stavolta un sogno realizzabile anche se tutto in salita.

Il controllo sui media in Slovenia è implacabile, la guerriglia culturale scatenata contro ogni ricordo della ex Jugoslavia continua ad essere pervasiva e gli attacchi contro ogni forma di opposizione restano quotidiani, siano tweet o bande fasciste a vandalizzare monumenti e sedi sindacali. Le recenti distribuzioni di ristori e finanziamenti a pioggia, con la scusa del Covid, potrebbero poi ammaliare un buon numero di elettori.

Eppure in Slovenia l’opposizione c’è e continua a farsi vedere, anche in piazza, come avviene da anni ogni venerdì davanti al Parlamento. Un accordo tra le formazioni politiche progressiste, socialiste, socialdemocratiche, presenti in Parlamento si era già formalizzato l’anno scorso proprio nella consapevolezza dell’importanza di questo appuntamento elettorale e, a inizio 2022, si è unito alla tenzone anche un nuovo personaggio, talmente carismatico e popolare, da farne subito il più probabile vero antagonista di Janša.

Si tratta di Robert Golob, manager pubblico di grande successo che, come direttore della più grossa azienda elettroenergetica del Paese, ha guadagnato cifre stratosferiche ma si è anche premurato di garantire prezzi calmierati. Già nel 2021 aveva preso in mano un moribondo partitino ecologista e, nei mesi, lo aveva rinnovato e rilanciato fino a farne una lista progressista con molti volti nuovi alla politica.

Antifascista, consapevole della necessità di un coordinamento fraterno tra Popoli e Paesi – probabilmente perché originario di quella terra multietnica, lungamente e drammaticamente contesa che è intorno a Gorizia e Nova Gorica – Golob ha esordito dichiarandosi «innanzi tutto contro Janša».

In parte preoccupati per il possibile drenaggio di voti, tra i partiti di opposizione circola un poco più di ottimismo: battere Janša ritorna a essere un obiettivo credibile, smussati alcuni angoli, definite le convergenze, individuati i veti, sinistra e liberali potrebbero, uniti, formare un governo e presentare un primo ministro.

I recenti sondaggi confermano le principali forze in campo: il nuovo movimento Svoboda/Libertà di Golob e l’Sds di Janša, destinate a un testa a testa all’ultimo voto. È praticamente certo che nessuna delle due riuscirà a ottenere la maggioranza assoluta e saranno allora fondamentali i risultati degli altri, tutti abbastanza distanziati, parecchi in difficoltà nel superamento dello sbarramento del 4%, in una realtà di voto estremamente frammentata essendo una ventina le formazioni che si contendono il voto degli sloveni.