La scorsa settimana dieci tra le principali sigle sindacali indiane hanno firmato e diffuso un comunicato durissimo contro il governo di New Delhi, in risposta a indiscrezioni che davano per vicino un accordo tra Israele e India per «sostituire» lavoratori palestinesi in Israele con lavoratori indiani.

TUTTO È INIZIATO lo scorso 7 novembre, quando in un servizio pubblicato online da Voice of America Haim Feiglin, un delegato della Israeli Builders Association, ha detto che la sua associazione ha chiesto al governo indiano di inviare «tra cinquanta e centomila» lavoratori indiani in Israele.
Secondo Feiglin, le trattative tra Israele e India in questo senso sono già state avviate e «manca solo la firma del governo israeliano». La misura dovrebbe aiutare il settore a sostituire i novantamila lavoratori palestinesi che, dall’inizio del conflitto a Gaza, si sono visti cancellare i permessi di lavoro in Israele. Decisione che ha bloccato numerosi cantieri, considerando che nelle costruzioni – sempre secondo Feiglin – un lavoratore su quattro è palestinese. O meglio, era.

IL 9 NOVEMBRE dieci sigle sindacali riunite nella Joint Platform of Central Trade Unions hanno detto che «niente sarebbe più immorale e disastroso per l’India che “esportare” lavoratori in Israele. Il solo fatto che l’India stia considerando di “esportare” lavoro mostra come sono stati disumanizzati e mercificati i lavoratori indiani». Un’iniziativa che significherebbe «la complicità indiana con la guerra genocida di Israele contro i palestinesi attualmente in corso». E ancora: «Il movimento sindacale indiano deve sollevarsi in solidarietà coi lavoratori palestinesi, l’India e i lavoratori indiani dovrebbero boicottare i prodotti israeliani e rifiutarsi di gestire i cargo israeliani».

Tra le sigle firmatarie c’è anche la Indian National Trade Union Congress (Intuc), il sindacato più numeroso di tutto il Paese, con oltre 40 milioni di iscritti.
Si tratta di una presa di posizione molto forte considerando che in numerosi stati, soprattutto quelli governati dal partito di governo Bharatiya Janata Party (Bjp), le manifestazioni pro-Palestina sono ufficialmente vietate e gli attivisti pro-Palestina sono denunciati e arrestati dalla polizia.

DAL 2014, grazie all’«amicizia» tra il premier indiano Narendra Modi e il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, India e Israele hanno stretto relazioni sempre più amichevoli.
Anche grazie a un’impennata nel commercio bilaterale in armamenti. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, di tutte le armi prodotte in Israele dal 2014 a oggi, il 42 per cento è stato esportato in India. E tra il 2015 e il 2019, le importazioni di armi israeliane in India sono aumentate del 175 per cento. Oggi Israele è il secondo partner commerciale dell’India nel settore bellico, dopo la Russia.

Oltre alle armi, anche la spinta etnonazionalista imposta dalla destra israeliana di Netanyahu in Israele ha segnato un punto di contatto ideologico con la destra induista guidata da Narendra Modi in India, che a sua volta incoraggia un maggioritarianesimo induista sia sociale sia istituzionale, a discapito delle numerose minoranze etniche e religiose che vivono nel Paese più popoloso del mondo.

IL PROGRESSIVO avvicinamento dell’India a Israele per molti analisti e storici indiani rappresenta una clamorosa inversione della posizione che l’India ha storicamente mantenuto rispetto alla questione israelo-palestinese: solidarietà al popolo palestinese, sostegno all’autodeterminazione dei palestinesi e alla creazione di uno stato indipendente di Palestina, denuncia delle violenze e delle discriminazioni commesse dal governo israeliano a Gaza, in Cisgiordania e nei confronti dei palestinesi con cittadinanza israeliana.

LO SCORSO 26 OTTOBRE, durante la votazione della risoluzione di emergenza che chiedeva un immediato cessate il fuoco a Israele, l’India si è astenuta.
Il nove novembre, il portavoce del ministero degli esteri indiano Arindam Bagchi ha detto di «non essere al corrente» della richiesta di centomila lavoratori indiani da parte di Israele.
Qualche mese prima, lo scorso 9 maggio, India e Israele avevano firmato un accordo che prevedeva l’ingresso di 42mila lavoratori indiani in Israele: 34mila nel settore delle costruzioni, 8000 in quello dell’infermieristica a domicilio.