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Siccità, pressing delle Regioni sul governo

Siccità, pressing delle Regioni sul governo

I governatori chiedono lo stato d’emergenza. Nel Lazio Zingaretti prepara le prime norme di contenimento dei consumi per i sindaci

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 21 giugno 2022

Continua la pressione delle Regioni nei confronti del governo. Il Nord, sotto la morsa delle siccità, è compatto a chiedere lo stato di emergenza, ma anche in altre aree del Paese l’allarme è alto: il presidente del Lazio Nicola Zingaretti ha deciso di proclamare lo stato di calamità naturale per adottare le prime misure e invitare i sindaci alle prime norme di contenimento.

A PALAZZO CHIGI, ieri, si è svolta una riunione tecnica per affrontare la questione siccità: al tavolo, coordinato dal sottosegretario Roberto Garofoli, i capi di gabinetto e capi dipartimento dei ministeri dell’Agricoltura, della Transizione ecologica, della Mobilità sostenibile, dello Sviluppo economico, dell’Economia e degli Affari Regionali. «La situazione è delicata, presto ci aggiorneremo a livello politico». Lo ha dichiarato il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli.

Domani, è prevista la Conferenza delle Regioni e l’assessore veneto all’Agricoltura, Federico Caner, ha annunciato che espliciteranno la richiesta di stato di emergenza per dare priorità all’uso umano e agricolo della risorsa idrica e per invocare risorse, anche del Pnrr, per realizzare nuovi invasi. Un tema che non vede concordi le associazioni ambientaliste, che a nuove infrastrutture preferirebbero un cambio di paradigma (Legambiente ha parlato di «approccio circolare» per l’acqua, come quello per i rifiuti). Con buona probabilità lo stato di emergenza, più che a interventi strutturali, servirà per i ristori delle aziende agricole, a un più facile ricorso ad autobotti. E si fornirà un quadro generale sui razionamenti.

LA SITUAZIONE nel bacino del Po è drammatica. Il livello del grande fiume è calato di 3,3 metri rispetto allo zero idrometrico più basso rispetto al Ferragosto di un anno fa. Il Lago Maggiore è sceso di un metro in tre giorni. Ma, nonostante la situazione da «allerta rossa», l’Osservatorio dell’Autorità di bacino ha dato l’ok a proseguire l’irrigazione: un provvedimento transitorio per equilibrare l’uso dell’acqua rimasta, diminuendo i prelievi del 20% ma garantendo sia l’innaffiamento sia l’afflusso di acqua al Delta.

Proprio alla foce il cuneo salino nel Po è risalito di 21 chilometri, rendendo l’acqua inutilizzabile per l’irrigazione. E arriva il niet dal Lago di Garda a salvare i destini del Po: la Comunità del Garda, la cui presidente è la ministra Mariastella Gelmini, si è infatti detta contraria alla possibilità di fornire la propria acqua, che già serve per il Mincio. Proposta che arrivava dall’Autorità di bacino del Po.

DA OGGI l’Emilia-Romagna è in emergenza regionale. In Piemonte, dove il tavolo permanente per l’emergenza è attivo da alcuni giorni e ha imbastito una collaborazione con i concessionari dei bacini idroelettrici, si chiede un intervento immediato del governo: «L’imperativo è quello di salvaguardare l’agricoltura», ha detto l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati. Ma la situazione non è distesa ed emerge uno dei tanti conflitti più o meno sopiti di questa crisi idrica.

La Valle d’Aosta ha risposto picche alla richiesta d’aiuto del Piemonte. «Ho ricevuto oggi una telefonata del governatore Cirio, in cui – ha detto il presidente della Regione Valle d’Aosta, Erik Lavévaz – mi anticipava una richiesta di intervento sull’emergenza siccità. Credo, però, che le nostre effettive possibilità di intervento in questo campo non possano rispondere a un’emergenza ampia come quella che si sta configurando». Nel Piemonte Orientale, nel biennio 2020-2022 rispetto al trentennio 1961-1990, la quantità di precipitazioni cadute sul territorio registra punte fino al 69% in meno; lo riporta uno studio di Acqua Novara Vco, la società che gestisce il ciclo idrico nelle province di Novara e Verbania, in collaborazione con il Politecnico e l’Università Statale di Milano.

IL COMUNE di Chieri, 35 mila abitanti sulla collina torinese, ha vietato il prelievo e il consumo di acqua potabile per tutti gli usi diversi da quello alimentare, domestico e sanitario. A Torino, il sindaco Stefano Lo Russo ha invitato a «cercare il più possibile di limitare i consumi idrici e domestici». E, in Liguria, a La Spezia la produzione di cozze è in deficit a causa del surriscaldamento del mare e della siccità che avrebbero stimolato la voracità delle orate: «Abbiamo rilevato – dichiara Federico Pinza, direttore della Cooperativa mitilicoltori spezzini – un aumento della temperatura dell’acqua fino a 5 gradi tra maggio e giugno. In queste condizioni, il metabolismo delle orate aumenta e così anche la loro alimentazione. Nei vivai fuori dalla diga foranea del porto stiamo perdendo quintali di prodotto ogni giorno».

Le previsioni non sono di conforto: proseguirà il caldo, che complica ulteriormente la siccità. Oggi il bollino rosso, ovvero il livello massimo di allerta previsto dal ministero della Salute, riguarda Torino e Bolzano, mercoledì Bologna e Bolzano.

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