Siccità, il Piemonte è rimasto a secco
Durante l’ultimo sciopero globale per il clima, a Torino, alcuni attivisti di Fridays for Future hanno gettato pesci marci e sabbia davanti al palazzo della Giunta regionale, nella centralissima piazza Castello, «per simboleggiare quello che è rimasto nei nostri fiumi» e «per denunciare la responsabilità politica della siccità». Una politica non all’altezza dei cambiamenti necessari per affrontare la crisi idrica in corso. Basti solo a pensare agli sprechi dell’innevamento artificiale emersi nel recente dossier di Legambiente Nevediversa 2023, dove l’Italia a livello europeo guida questa particolare classifica di «insostenibilità».
IL PIEMONTE, REGIONE AI PIEDI delle più alte montagne d’Europa che con i ghiacciai alimentavano i fiumi della pianura, è sempre più arido e oltre la metà del territorio è attualmente in sofferenza per la siccità. Lo dicono i dati dell’European Drought Observatory , l’Osservatorio europeo sulla siccità, in base al combined drought indicator, un indicatore elaborato per individuare e monitorare le aree colpite da siccità agricola.
A FEBBRAIO, IL DEFICIT PLUVIOMETRICO è stato – secondo i numeri forniti dall’Osservatorio sulle Risorse Idriche dell’Anbi, l’associazione dei consorzi di bonifica – dell’87,3% ed è notizia di pochi giorni fa che i comuni, considerati al massimo livello di severità idrica, sono passati da 7 a 19. Tutti in Piemonte. Significa che – spiega Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) – la loro «criticità riguarda parte significativa dell’abitato e che si provvede a integrare i serbatoi dei gestori con autobotti».
SONO ARMENO IN PROVINCIA DI NOVARA, Cannero Riviera, Piedimulera, Pieve Vergonte e San Bernardino Verbano nella provincia del Verbano-Cusio- Ossola, il territorio con la situazione forse più complicata, nonostante sia una zona storicamente piovosa; Pettinengo, Strona, Valdilana Soprana e Zumaglia in provincia di Biella; Demonte, Moiola, Roccabruna, Macra, Isasca, Venasca, Brossasco, Melle, Peveragno e Perlo in provincia di Cuneo, che ha il maggior numero di centri in questa condizione.
PICCOLI COMUNI, SPESSO AI PIEDI delle montagne, dove a tardo inverno è spuntata l’autobotte e sono iniziati razionamenti e attenzione agli sprechi; proprio per rendere l’idea che l’acqua non è una risorsa infinita. Con la fine del mese di febbraio, si è chiuso – spiega l’Arpa Piemonte – anche l’inverno meteorologico 2022-2023, «l’ennesima stagione ancora piuttosto anomala sia dal punto di vista delle temperature (nono inverno più caldo degli ultimi 66 anni) sia dal punto di vista delle precipitazioni solide e liquide che hanno fatto registrare un deficit complessivo di circa il 45% rispetto alla norma 1991-2020».
LA POCA NEVE IN QUOTA NON POTRA’ offrire un sufficiente ristoro agli invasi regionali. Anche per questo motivo, l’Anbi ha avanzato l’immediata richiesta, condivisa dall’Autorità di bacino distrettuale del Fiume Po (AdBPo), «di poter provvedere, quanto prima, ad accumulare parte della risorsa idrica oggi disponibile nelle reti di canalizzazioni dei consorzi, in anticipo sulla consueta stagionalità, per creare le migliori e più efficaci condizioni di beneficio per le falde e i pozzi ad uso agricolo e anche per habitat e biodiversità».
I BACINI PIU’ DEFICITARI IN PIEMONTE sono attualmente il Ticino e il Toce. Scendendo dalle valli alpine e raggiungendo la Pianura Padana si ha la testimonianza, o meglio la fotografia, della gravità della situazione: fiumi un tempo dal regime regolare si sono come «appenninizzati». La piana risicola, detta delle «terre d’acqua», è in una situazione di assoluta preoccupazione: è prevista, infatti, una riduzione dell’area seminata di 8 mila ettari. Ma c’è anche chi studia soluzioni adattive. Dal canto suo, il governatore Alberto Cirio, reduce da un incontro con le organizzazioni degli agricoltori, si dice pronto, per affrontare la crisi idrica, a limitare il consumo d’acqua, ma precisa che «non siamo ancora a questo livello». Non può, però, più considerarsi un’emergenza – come spesso la politica tende a fare – un fenomeno che si protrae da troppo tempo ed è letteralmente endemico. Non è stata, d’altronde, mai tamponata la crisi idrica della caldissima estate 2022; in Piemonte la situazione è critica da più di un anno.
GIA’ A GENNAIO, A CRODO, ESTREMO NORD della Regione nella Valle Antigorio, cittadina famosa per le sue sorgenti e per aver dato il nome al famoso aperitivo «biondo», il sindaco Ermanno Savoia aveva emesso un’ordinanza per limitare l’uso dell’acqua. Fontane chiuse, mentre continuava la produzione delle bibite attingendo a sorgenti autonome, così aveva dichiarato l’azienda.
COMPLESSIVAMENTE E’ TUTTO IL NORD ITALIA (la vicina Francia non sta meglio) che è ormai caratterizzato da un andamento pluviometrico «mediorientale». Secondo i dati di AdBPo raccolti insieme alle Arpa regionali, le portate rilevate nelle stazioni lungo l’asta del Po, che a Torino ha una portata quattro volte più bassa della norma, sono – nell’ultimo report datato 6 marzo – in tutte le regioni ancorate a uno stato di «estrema o media gravità».
PURE I LAGHI ALPINI, CHE FUNGONO da «serbatoio» per il grande fiume mantengono quote minime: il lago di Garda risulta a oggi quello in maggior crisi con un riempimento solo del 25% e il lago Maggiore offre lo stesso panorama con un riempimento del 41,5%. E visto che «quella che stiamo inevitabilmente per affrontare sarà l’ottava annata siccitosa nei recenti venti anni e la terza consecutiva» l’Anbi invoca con il suo presidente Francesco Vincenzi un «Ministero dell’Acqua», come quello «già presente in Spagna». Le previsioni metereologiche non sono incoraggianti e il quadro rischia di peggiorare ulteriormente.
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