Si rischia una guerra per il gas di Karish
Mediterraneo orientale Israele manda la nave piattaforma e stoccaggio Energean verso acque contese con il Libano per lo sfruttamento del giacimento di gas sottomarino rivendicato anche da Beirut. Hezbollah minaccia di intervenire.
Mediterraneo orientale Israele manda la nave piattaforma e stoccaggio Energean verso acque contese con il Libano per lo sfruttamento del giacimento di gas sottomarino rivendicato anche da Beirut. Hezbollah minaccia di intervenire.
Il 12 e 13 giugno il mediatore statunitense Amos Hochstein dovrebbe tornare a Beirut per rilanciare il negoziato indiretto sui confini marittimi tra Israele e Libano. Ma l’accelerazione data da Israele, con l’invio della nave piattaforma e stoccaggio Energean verso le acque contese di Karish per avviare lo sfruttamento del giacimento di gas sottomarino rivendicato dai due paesi, ha fatto risalire la tensione a livelli mai toccati negli ultimi anni.
Dall’ipotetico accordo tra due paesi nemici, ora si torna a temere uno scontro militare. «Karish è una nostra risorsa strategica e lo Stato di Israele dà la priorità alla protezione delle sue risorse strategiche ed è pronto a difenderle, in conformità con i suoi diritti», ha proclamato il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid. Con i paesi occidentali alla ricerca di fonti di energia alternative a quelle russe, Israele punta con decisione a proporsi tra i nuovi e più importanti esportatori di gas.
Negli anni passati lo Stato ebraico si è proposto come fornitore regionale di gas grazie alla scoperta di giacimenti sottomarini nell’area di suo sfruttamento esclusivo. E in nome del gas ha concluso un’alleanza, anche militare, con Cipro e Grecia in contrasto con le simili ambizioni della Turchia. Quindi è esplosa la disputa sul gas sottomarino al confine con il Libano. Per il piccolo paese dei cedri, devastato da una crisi economica e finanziaria senza precedenti che ha impoverito larghi strati della popolazione, incassare miliardi di dollari dalla vendita di quel gas è ossigeno. Tuttavia, lo scontro tra Israele e il movimento sciita Hezbollah non ha permesso sino ad oggi esiti concreti.
Il nocciolo della controversia ha a che fare con la risoluzione 6433 del 2011 che definisce i confini della zona economica esclusiva libanese. L’area interessata è tra le cosiddette linee 23 e 29. Il Libano inizialmente ha richiesto 860 kmq di territorio nell’area marittima contesa, poi ha rifatto i calcoli e sostenuto che, legge internazionale alla mano, ha diritto ad altri 1.430 kmq, inclusa parte di Karish e del suo gas. Beirut afferma che il giacimento si sovrappone parzialmente alle sue acque marittime e che Israele ha fatto un passo unilaterale prima che fosse firmato un accordo sui confini marittimi. La Energean non è entrata nelle acque contese ma il suo invio ha comunque arroventato il Libano. «Ogni attività esercitata da attori militari ed economici israeliani nell’area delle acque contese tra Libano e Israele sarà considerata un’azione ostile», ha ammonito il presidente libanese Aoun.
Più esplicito è stato l’altra sera Hassan Nasrallah, segretario generale e capo di Hezbollah. «È di vitale importanza che Israele non estragga nulla dal giacimento di Karish in quanto sono risorse che spettano a Beirut e si tratta di una delle ultime possibilità di salvare la nostra economia», ha ammonito Nasrallah. Poi ha aggiunto perentorio: «Questo è il momento di agire tutti. Non so cosa penserà di fare l’esercito (libanese) ma Hezbollah ha la capacità militare e tecnologica per impedire che Israele proceda nelle sue attività illegali». In sostanza è pronto a colpire la Energean. Da parte loro gli Stati uniti fanno pressioni su Beirut affinché accetti la linea 23, rinunciando a Karish, in cambio dell’approvazione finale d Washington del progetto per l’arrivo nel paese dei cedri di gas egiziano e di elettricità dalla Giordania – attraverso la Siria sotto sanzioni – in conformità con un accordo firmato
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