Internazionale

I raid israeliani fino al cuore di Beirut, morti e dispersi

I soccorritori e la gente si radunano sul sito di un attacco aereo israeliano che ha preso di mira la sede del partito Baath nel quartiere Ras Al Naba'a di Beirut, in Libano foto Wael Hamzeh/Ansa17 novembre 2024, l’edificio nel quartiere beirutino di Ras Al Naba’a dove è stato ucciso Mohammed Afif – Epa/Wael Hamzeh

Medio Oriente Colpita la zona delle ambasciate, dell’Onu e del parlamento. L’inviato Usa in arrivo per negoziare la tregua. Domenica ucciso il portavoce di Hezbollah, sale la rabbia verso il Partito di Dio

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 19 novembre 2024

Beirut è un’eco di ambulanze e sirene alle 18.30 di ieri sera, come domenica e prima ancora domenica pomeriggio. Un’esplosione violentissima in pieno centro a Zukak l-Blat, a due passi dal parlamento libanese, e a pochissima distanza dalla sede dell’Onu e di numerose ambasciate in centro.

Sono almeno cinque i morti e 24 i feriti, ma il bilancio è relativo, si scava ancora tra le macerie. Si tratta della terza esplosione nel centro di Beirut in poche ore fuori dalla Dahieh, la periferia sud della capitale libanese, anch’essa bombardata almeno dieci volte al giorno nell’ultima settimana.

«Non vogliamo foto», ammoniva, mentre faceva cenno ai presenti di spostarsi per far passare i soccorsi, l’agente del mukhabarat – le forze di polizia speciali libanesi – domenica nel primissimo pomeriggio a Ras el Naba’a, pochi minuti dopo che l’esercito israeliano aveva abbattuto la sede del Ba’ath libanese, partito panarabo di ispirazione socialista, nato nel 1949 come costola di quello siriano. Il Ba’ath è il partito di Bashar al-Assad e di suo padre Hafez, strettissimi alleati di Hezbollah.

«POTEVANO esserci dei bambini in strada a giocare. Non ci aspettavamo questo attacco, qui siamo fuori dalla Dahieh, siamo nel centro di Beirut. Non l’hanno neanche annunciato, altrimenti avremmo evacuato, spostato le auto», racconta Hadi, un abitante del quartiere.

Scene simili e ormai usuali, quelle dei bombardamenti. Un odore pungente di polvere da sparo infesta l’aria. A Ras el Naba’a i palazzi che danno sullo slargo dove si trovava la sede hanno i vetri frantumati. Le gru spostano le lastre dei solai e i pilastri sotto cui sono incastrati – saranno ritrovati in serata – Mohammad Afif Nablusi, portavoce di Hezbollah, e altri tre uomini del suo ufficio. I vigili del fuoco sollevano e spostano le auto sfondate dai detriti. Si va avanti per ore. Ormai al tramonto, i fari dei soccorritori illuminano a giorno le stradine del quartiere alle spalle dell’ambasciata francese e dell’università Saint Joseph.

È la seconda volta che Ras el Naba’a viene colpita. Stesso scenario, stessa logica a Mar Elias, altro quartiere fuori dalla Dahieh. Anche qui (Mar Elias vuol dire Sant’Elia), un quartiere misto e non sciita, proprio come Ras el Naba’a e Zukak l-Blat. In serata due fortissime detonazioni: è stato colpito un palazzo nel cuore di uno dei quartieri più popolosi di Beirut ovest. Scoppia un incendio le cui immagini circolano sui social pochi secondi dopo. Due morti, tra cui Mahmoud Madi, ufficiale di Hezbollah, e 13 feriti.

Tutti gli attacchi non erano stati annunciati dall’esercito israeliano e hanno provocato il panico tra i civili. Salgono frustrazione e rabbia nella comunità sciita e nei libanesi verso i membri del Partito di Dio che continuano a frequentare zone non in guerra, mettendo a rischio la vita della popolazione civile. Non solo Beirut. Ieri la città di Tiro è stata ripetutamente colpita dell’aviazione israeliana, come il resto del sud e la Beka’a.

HEZBOLLAH ha rivendicato numerosi lanci di missili su obiettivi militari nel Golan, a Haifa e in tutto il nord di Israele. I numeri del ministero della salute libanese parlano di oltre 3.500 morti (circa 1.500 negli ultimi due mesi) e di 15mila feriti dall’inizio della guerra a oggi.

C’è grande attesa per la visita dell’emissario americano in Medio Oriente Amos Hochstein oggi a Beirut, mentre domani sarà a Tel Aviv per le trattative sul cessate il fuoco in corso. Il portaparola del dipartimento di stato americano Matthew Miller ha dichiarato alla stampa ieri sera che progressi sono stati fatti nelle negoziazioni.

Se il premier Mikati si dice ottimista, frena quello israeliano Netanyahu, per il quale «ciò che è più importante non è il pezzo di carta in caso ci fosse un accordo, ma il fatto che abbiamo l’obbligo, al fine di assicurare la sicurezza nel nord (di Israele), di condurre sistematicamente operazioni contro gli attacchi di Hezbollah…ma anche di prevenire il suo rafforzamento», come ha detto ieri in parlamento, palesando l’intenzione di una soluzione unilaterale.

L’Unesco intanto ha deciso di porre 34 siti del patrimonio libanese sotto protezione rinforzata, dopo un appello del ministero della cultura e di cento deputati libanesi per proteggere i siti storici dai bombardamenti israeliani.

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