Internazionale

Sharife Mohammadi condannata a morte in Iran per attività sindacale

Amesterdam, 1 maggio 2024, striscione per i lavoratori iraniani in carcereAmesterdam, 1 maggio 2024, striscione solidale con i lavoratori iraniani in carcere – Getty Images

Nuovo presidente, solita giustizia sommaria In Iran, passate le elezioni, i tribunali tornano a colpire il dissenso con sentenze brutali. Il caso della 45enne accusata di «tradimento». Protestano anche le prigioniere politiche di Evin

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 12 luglio 2024

La vittoria di Massoud Pezeshkian, sostenuto dai riformisti, mette in luce i conflitti e i contrasti all’interno dell’establishment della Repubblica Islamica. Il labile sostegno della popolazione al nuovo presidente, circondato da un potere giudiziario e legislativo dominato da conservatori e ultraconservatori, rende difficile la vita del vincitore delle elezioni fin dall’inizio.

LE LOTTE INTESTINE tra i sostenitori dei due principali candidati conservatori, Jalili e Qalibaf, si sono intensificate dopo una brutta sconfitta, con accuse reciproche di non essere riusciti a unificare il campo. Intanto i tribunali del Paese riprendono a emettere sentenze di morte e di carcere per gli oppositori.

Gli attivisti civili e politici insorgono contro una sentenza sorprendente: Sharife Mohammadi, 45 anni, attivista sindacale, è stata condannata a morte dal Tribunale rivoluzionario di Rasht, situato nel nord-ovest della capitale. La sentenza afferma che Sharife è stata condannata con l’accusa politica di «tradimento». Secondo la Repubblica Islamica, tale accusa si applica a coloro che sono coinvolti nella “lotta e azione armata” contro i principi fondamentali del regime.

Sharife Mohammadi

SHARIFE È STATA ACCUSATA di propaganda contro lo Stato e di minaccia alla sicurezza nazionale a causa della sua appartenenza al Comitato di coordinamento per la creazione delle Organizzazioni del Lavoro, fondato nell’aprile 2004 da noti attivisti politici e sindacali. Nel 2007, a causa di divergenze, alcuni membri lasciarono il comitato, mentre altri continuarono a lavorare per la creazione di organizzazioni sindacali.

Il tribunale accusa il Comitato di essere affiliato al Partito comunista del Kurdistan iraniano, Komleh, il quale opera in opposizione alla Repubblica Islamica con l’obiettivo di creare un Iran federale. Questo è considerato un tentativo di separatismo, fortemente osteggiato non solo dal potere, ma anche dall’opinione pubblica iraniana. Mahmoud Salehi, uno dei fondatori del Comitato, ha negato qualsiasi legame tra i membri di questo gruppo e il partito Komle. «Se l’appartenenza al Comitato di coordinamento è un crimine, arrestate anche noi perché una volta eravamo membri del Comitato», ha detto.

L’IMPORTANTE SINDACATO della Vahidi, compagnia del trasporto pubblico di Teheran, ha condannato fermamente la condanna di Sharife, affermando che le accuse sono completamente infondate e chiedendo il suo rilascio immediato.

Un documento firmato da 16 donne prigioniere politiche nel famigerato carcere di Evin, tra cui Nasirn Mohammadi, premio Nobel, sostiene che questa sentenza di morte evidenzia i tratti di una politica repressiva che mira a soffocare le voci di protesta, oltre che a intimidire e costringere le donne a retrocedere nei loro progressi nel rivendicare i propri diritti. Nella sua relazione annuale, la Confederazione Internazionale dei Sindacati, con sede a Bruxelles, ha giudicato «critico» lo status dell’attività sindacale in Iran, il che significa che non ci sono diritti garantiti per l’attività sindacale e lavorativa.

LE AZIONI DEI TRIBUNALI della Repubblica Islamica non si limitano a condanne eclatanti ma si estendono anche a soffocare qualsiasi voce non allineata con il regime. Mohsen Brouhani, noto giurista ed ex professore di legge dell’Università di Teheran, è stato arrestato subito dopo le elezioni presidenziali, durante le quali aveva pubblicamente sostenuto il neo presidente. Brouhani aveva criticato frequentemente la repressione e le sentenze giudiziarie, inclusa l’esecuzione di manifestanti, con particolare attenzione al movimento “Donna, Vita, Libertà”. Nel suo ultimo discorso alla riunione elettorale di Pezeshkian, Brouhani ha dichiarato: «Oggi, il governo di diritto è scomparso per il popolo iraniano».

Sembra che i diversi rami del potere, guidati da ultra conservatori, stiano cercando di avvertire la popolazione che nulla cambierà dopo l’elezione del presidente riformista e che il loro potere rimarrà saldo, segnali significativi che Pezeshkian deve considerare mentre tenta di formare il suo governo. Le ultime voci suggeriscono che Mohammad Mokhbar, un politico ultra conservatore e presidente ad interim, potrebbe assumere il ruolo di vicepresidente.
Gli iraniani non nutrono grandi speranze di cambiamenti a livello di diritti sociali; tuttavia, tutti sperano che il nuovo presidente sia almeno in grado di migliorare la situazione economica che opprime milioni di cittadini.

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