Sgomberi e cancelli. L’evento religioso nasconde la povertà
Giubileo 2025 A Roma circa 22 mila persone vivono in strada, le tensostrutture che saranno installate copriranno al massimo un migliaio di posti
Giubileo 2025 A Roma circa 22 mila persone vivono in strada, le tensostrutture che saranno installate copriranno al massimo un migliaio di posti
L’ultimo sgombero è del 23 settembre scorso. Alle 8 del mattino polizia di Stato, polizia locale di Roma Capitale e squadre di pulizia dell’Ama hanno fatto un blitz su viale Pretoriano, una strada costeggiata da quel che resta delle Mura aureliane, che unisce il quartiere San Lorenzo e il quadrante della Stazione Tiburtina con l’area della Stazione Termini. Proprio per la sua collocazione, da tempo è usato come zona di sosta da senza fissa dimora, per lo più transitanti. «Trenta bivacchi rimossi, 19 persone identificate», diceva il comunicato della questura, annunciando anche l’installazione di cancellare lungo le Mura per impedire nuovi accessi.
NEGLI SCORSI MESI a causa dell’intreccio tra le nuove norme sulla sicurezza, gli incendi che hanno assediato la Capitale durante l’estate e le esigenze del Giubileo, le operazioni di questo tipo si sono moltiplicate. Ad agosto è stata sgomberata l’area dove sarà costruito il nuovo stadio della Roma, a Pietralata. Ci vivevano due famiglie. Poi la riserva naturale di Monte Mario, dove si erano sviluppati gli incendi che a metà mese avevano lambito la sede Rai, addebitati ai fornelli delle tende dei senza casa. Fra di loro anche una persona con disabilità, che ha poi rifiutato la presa in carico dei Servizi sociali. Lo stesso giorno dell’azione su viale Pretoriano, è stata sgomberata un’occupazione a Cinecittà: cercavano spacciatori e hanno trovato famiglie con bambini.
Il punto dolente è che a queste azioni non sempre corrisponde una risposta delle strutture di accoglienza. A Roma ci sono circa 22 mila persone che vivono per strada ma le tensostrutture che saranno installate per il Giubileo difficilmente potranno coprire più di un migliaio di posti complessivamente. Inoltre possono essere funzionali in condizioni climatiche estreme ma non per i nuclei familiari con bambini. «Sono utili solo per togliere i poveri dalla vista», spiega l’antropologo Federico Bonadonna che per anni si è occupato di servizi sociali nelle precedenti giunte di centro sinistra.
A PARTE ALCUNE ASSOCIAZIONI e comitati che con costanza si occupano di emergenza abitativa o migranti, non sembrano levarsi voci contrarie ai metodi della giunta. Certo, il sindaco dem Gualiteri sembra non aver mai convinto del tutto i romani: ai disservizi mai sanati, si sono aggiunti i disagi per il Giubileo (circa 6 mila cantieri aperti su Roma) e la disattenzione per il peggioramento delle condizioni di vita delle famiglie a basso reddito. Ma il dibattito a sinistra sembrava imbrigliato. Fino all’ultima operazione, quella di Castro Pretorio, che ha aperto uno scontro politico nella città guidata dal centrosinistra.
La coordinatrice della segreteria nazionale del Pd Marta Bonafoni, braccio destro della segretaria Elly Schlein, ha diramato un comunicato molto duro contro il sindacato, definendo lo sgombero «grave e allarmante», e le cancellate come «tentativi di cancellazione degli esseri umani più fragili». Ha poi aggiunto che «c’è bisogno di cucire e costruire coinvolgendo le associazioni, i movimenti, la società civile» sottolineando così quello che non era più possibile ignorare: lo strappo tra giunta e territorio.
I CONSIGLIERI COMUNALI di Sinistra Civica Ecologista, Sandro Luparelli e Michela Cicculli hanno parlato di «interventi che non vorremmo vedere nella nostra città e metodi non degni». E anche realtà dal basso vicine all’amministrazione capitolina come Nonna Roma (che si occupa di povertà e disagio abitativo), sono state molto dure: «Non accetteremo passivamente la realizzazione di ignobili forme di architettura ostile né tollereremo politiche repressive contro i marginali. La giunta comunale decida da che parte stare».
L’assessora alla Politiche sociali del Campidoglio Barbara Funari (a lungo nella Comunità di Sant’Egidio), imbarazzata, ha dovuto ammettere di non essere stata informata dell’operazione e ne ha preso le distanze: «Mi dispiace che la linea scelta sia questa, sono politicamente e moralmente contraria ad azioni di questo genere». Associazioni molto attive in città come il Polo Civico Esquilino, Baobab Experience, Spin Time Lab, oltre a Nonna Roma, e comitati di quartiere si sono riuniti in un’assemblea spontanea chiamata Gente solidale: «Basta sgomberi e cancellate, né qui né altrove, il loro è il giubileo dei ricchi».
L’ASSEMBLEA ha chiesto al comune e alla prefettura di «interrompere gli sgomberi che stanno effettuando nella città, di collaborare con le associazioni e gli abitanti per costruire percorsi di integrazione sociale e non di emarginazione». Ma il primo cittadino ha minimizzato: «È una tempesta in un bicchiere d’acqua per una cosa abbastanza di routine, le fragilità vengono assistite non c’è nessun intento punitivo».
«Nella capitale si sta vivendo un paradosso a sinistra: anziché fare una battaglia per garantire i diritti di cittadinanza, il welfare, il diritto alla casa o almeno a un’accoglienza dignitosa, si riduce l’azione politica a quella delle associazioni di volontariato, mentre la destra apprezza apertamente la tolleranza zero di Gualtieri» commenta ancora Bonadonna, che ricorda: «Solo nel 2007, con Veltroni, siamo intervenuti in 7 sgomberi per un totale di un migliaio di persone, Gualtieri dice che è una polemica inutile perché c’è la Sala operativa sociale ma la Sos deve intervenire prima dello sgombero forzoso, proprio per evitare il trauma di vedere polizia e vigili che distruggono, letteralmente, gli accampamenti e gli operai dell’Ama gettare nell’immondizia tutti i pochi averi. Il sindaco ha ragione quando dice che la protezione dei monumenti come le Mura Aureliane è doverosa ma la differenza tra una giunta di sinistra e le altre è anche nella modalità degli sgomberi. Un conto è proteggere tutte le persone, a iniziare da quelle fragili, altro è sbracare tutto e intervenire dopo, quando e se possibile»
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