«Servono standard per la detenzione amministrativa»
Migranti «Norme e normalità», la raccolta del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute Mauro Palma
Migranti «Norme e normalità», la raccolta del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute Mauro Palma
«Nel 2018 sono passate dai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) 4.092 persone. Ne sono state effettivamente rimpatriate 1.768, poco più del 43%». Lo scrive il Garante nazionale delle persone private della libertà personale in «Norme e normalità», la prima raccolta sistematica di standard e raccomandazioni sulla detenzione amministrativa. Il testo è stato presentato ieri all’Istituto dell’enciclopedia italiana, a Roma. «Scrivere le raccomandazioni ci ha posto davanti a un dilemma: rischiare di legittimare questa forma di privazione della libertà personale» ha detto il garante Mauro Palma. Il lavoro si rivolge a tutti i soggetti coinvolti nel fenomeno, dalle istituzioni alla società civile, ed è stato redatto sulla base di numerose osservazioni sul campo realizzate in un arco di 3 anni. Le conclusioni sono state discusse con organizzazioni del terzo settore e Ong per completare il quadro attraverso il contributo di chi opera quotidianamente con migranti privati della libertà.
«A differenza della detenzione penale, quella amministrativa manca di norme regolatrici – ha detto Daniela de Robert, componente del collegio del Garante e coordinatrice del testo – l’Italia si deve dotare di standard anche in questo campo. Abbiamo elaborato delle raccomandazioni e vigileremo sulla loro applicazione effettiva». Paradossalmente, le strutture di tipo penitenziario classico offrono maggiori condizioni di vivibilità e tutela dei diritti rispetto ai centri di detenzione amministrativa. Nonostante questo tipo di detenzione abbia, o dovrebbe avere, una funzione diversa da quella penale: non punitiva, ma finalizzata solo ad allontanare il cittadino straniero o a impedire l’ingresso sul territorio dello stato. Il garante ha classificato 3 tipi di luoghi in cui il fenomeno è localizzato. I Cpr, dove la privazione della libertà è disciplinata dall’ordinamento. Hotspot, sale d’attesa aeroportuali e ormai anche i ponti delle navi, dove la privazione della libertà personale avviene de facto. Gli aerei utilizzati per i rimpatri forzati. In tutti i casi sono state riscontrate numerose criticità e redatte delle proposte generali affinché i diritti delle persone migranti siano tutelati.
Una questione che diventa particolarmente importante anche a fronte di un fenomeno più ampio, ben esemplificato dal «decreto Salvini»: il trasformarsi della detenzione amministrativa da meccanismo eccezionale in strumento cardine di governo dei flussi migratori. La sua diffusione e sostanziale accettazione a livello internazionale, comunque, non ne cancellano i numerosi profili di illegittimità. «Dietro il velo del linguaggio burocratico – ha detto Donatella Di Cesare, professore ordinario di filosofia all’università La Sapienza – si nasconde un’aberrazione. Le persone vengono tenute in ostaggio solo per ragioni simboliche, per scoraggiare nuovi arrivi e cercare consenso politico all’interno del paese».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento