Separazione delle carriere, comincia la corsa: primi emendamenti bocciati
Giustizia In aula alla Camera il provvedimento è atteso per il 26 novembre. Intanto la proposta leghista contro il diritto europeo viene smontata al Senato
Giustizia In aula alla Camera il provvedimento è atteso per il 26 novembre. Intanto la proposta leghista contro il diritto europeo viene smontata al Senato
Comincia tra i sospetti e i malumore l’esame della Commissione affari costituzionali della Camera ai 262 emendamenti presentati al disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati. «Il viceministro Sisto, che non ha ritenuto di intervenire durante la discussione, ha esternato all’uscita che l’iter di approvazione in prima lettura alla Camera si concluderà entro fine anno come “deciso dal Governo”. In una democrazia parlamentare il governo può auspicare, ma non certo decidere i modi e i tempi dell’approvazione di una legge di riforma costituzionale», denuncia Federico Fornaro del Pd, che parla di «brutta sgrammaticatura istituzionale». Il calendario delle votazioni, ad ogni buon conto, sarà molto fitto visto che la riforma è attesa in aula il prossimo 26 novembre.
La Commissione, nel frattempo, dovrà anche valutare altri provvedimenti come il decreto flussi (nel quale è confluito il decreto sui paesi sicuri e che è atteso in Aula per il 21 novembre) e la riforma della Corte dei Conti (in calendario per l’Assemblea per il 29). Ieri, comunque, sono stati bocciati i primi sei emendamenti e la ripresa dei lavori è fissata per martedì. Da lì si procederà pressoché quotidianamente a tappe forzate.
Sempre in tema di giustizia, si segnala anche qualche problema sul fronte del bilancio. «Il ministro Giorgetti nell’audizione di oggi non ha speso una sola parola sulla giustizia – attacca Federico Gianassi, capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera -, confermandoci in questo modo il preoccupante taglio di 500 milioni per i prossimi tre anni previsto dalla manovra, che abbiamo denunciato fin da subito. I numeri nudi e crudi ci spiegano quanto il governo Meloni ritenga assai poco strategico un settore che è invece cruciale per la crescita del Paese, per la tutela dei diritti dei cittadini e per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr. Il governo è ossessionato da bandiere ideologiche come per la separazione delle carriere dei giudici e dimentica di occuparsi delle esigenze di buon funzionamento che stanno a cuore ai cittadini».
Intanto è passata per metà la proposta leghista di indagare sulla gerarchia delle fonti del diritto: vale più quello europeo o quello italiano? La Costituzione lo direbbe chiaramente (le norme europee hanno valore costituzionale), ma il senatore Claudio Borghi la settimana scorsa aveva tanto insistito per fare un’indagine conoscitiva, che però è stata derubricata ad «affare assegnato», una procedura di livello inferiore che prevede approfondimenti tramite audizioni. Resta comunque l’emendamento presentato sempre dalla Lega, ma alla Camera, al ddl costituzionale sulla separazione delle carriere, che vuole «che le norme italiane prevalgono rispetto a quelle europee». L’incostituzionalità è manifesta, ma il senso politico dell’operazione è chiarissimo, soprattutto all’indomani della grande quantità di provvedimenti del governo in materia di immigrazione impugnati in sede europea o direttamente disapplicate dai giudici.
«Dopo fruttuosa dialettica – scrive Claudio Borghi su X – la Commissione Affari Ue del Senato ha deliberato di accettare la mia richiesta e quindi ci sarà un affare assegnato sulla gerarchia delle fonti, sulla supposta primazia del diritto Ue e sui possibili rimedi costituzionali e normativi». Il dem Filippo Sensi però chiarisce i termini della questione: «In ufficio di presidenza della Affari europei Senato, la richiesta della Lega di indagine conoscitiva sulla gerarchia delle fonti (traduco: una vendetta contro la magistratura) è stata derubricata a semplice affare assegnato. Noi contrari a tale perdita di tempo, soldi, dignità».
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