La Wagner si ritirerà da Bakhmut il 10 maggio. L’annuncio è stato fatto in un video diffuso su Telegram dallo stesso fondatore e capo della compagnia di mercenari filo-russi, Evgeny Prigozhin. Sullo sfondo decine di cadaveri di soldati e in primo piano la faccia inviperita dell’ex «cuoco di Putin» che incolpa i funzionari di Mosca e li accusa per diversi minuti. Non generici improperi come nelle precedenti uscite del temutissimo oligarca, ma veri e propri insulti ad personam al ministro della Difesa, Sergej Shoigu, e al capo di stato maggiore congiunto dell’operazione militare speciale, Valery Gerasimov. Prigozhin definisce «feccia» i burocrati che sono nella capitale comodi e al caldo mentre al fronte i «suoi ragazzi» muoiono. Ricorda, nel tentativo forse di attrarre al massimo l’empatia del pubblico, che si tratta di «volontari» tralasciando di spiegare che un mercenario tecnicamente è un volontario dato che non viene coscritto, ma che per il suo lavoro percepisce un lauto stipendio. E non menziona neanche le nefandezze della sua compagnia in Africa o in Medio oriente, ma dice soltanto che la misura è colma.

«ANNUNCIO ufficialmente che i miei ragazzi non sopporteranno perdite a Bakhmut senza munizioni» spiega Prigozhin. «Pertanto, dal 10 maggio, lasciamo la città. Ci mancano ancora solo due chilometri, ma se non volete dare ai russi una vittoria con la conquista di Bakhmut, questi sono problemi vostri». Si tratta del giorno dopo la parata che celebra la vittoria dell’Armata rossa contro le forze naziste nella seconda Guerra mondiale, una data sentitissima in Russia, soprattutto da quando la propaganda governativa ha deciso di creare un parallelismo tra quel conflitto e la «denazificazione dell’Ucraina». In seguito al presunto attentato con i droni sul Cremlino erano iniziate a circolare insistentemente le voci di un possibile annullamento della parata, ma in un momento così delicato per la guerra tale comportamento sarebbe percepito come una dimostrazione di debolezza.

E ALLORA la parata si farà, ma non dappertutto. L’Istituto per gli studi sulla guerra sostiene che fonti interne russe abbiano cancellato l’evento in 21 città del territorio russo e della Crimea «senza alcuna spiegazione». Nell’analisi si legge che il Cremlino spera di limitare gli eventi del 9 maggio anche per timore che le celebrazioni in onore dei militari deceduti possano diventare una potenziale fonte di protesta interna a causa dell’elevato numero di vittime in Ucraina. Ma la visione occidentale del dissenso in Russia nei mesi si è dimostrata spesso viziata dal desiderio di vedere Vladimir Putin in crisi piuttosto che da una reale constatazione della situazione interna del Paese.

DIVERSA la querelle con Prigozhin: il capo della Wagner sostiene che «circa il 70% delle munizioni richieste per prendere Bakhmut non gli sono mai state fornite» e non è nuovo alla minaccia di abbandonare il fronte. Ora che il monito è stato formulato vedremo cosa succederà nella pratica. A fine giornata, Mosca ha incassato l’offerta d’aiuto di un alleato storico. Il temuto comandante delle forze cecene Ramzan Kadyrov ha annunciato che, qualora Prigozhin dovesse ritirarsi da Bakhmut, le forze speciali cecene Akhmat sono pronte a prenderne il posto e a «occupare la città».

MOLTO DIVERSO l’approccio degli alleati di Kiev. «Purtroppo non è il momento delle sessioni diplomatiche» ha dichiarato l’Alto Rappresentante dell’Ue Josep Borrell da Firenze, «ma di sostenere militarmente la guerra» dell’Ucraina contro gli invasori russi. Borrell ha anche chiarito che in questi mesi si sente «un diplomatico ma anche una sorta di ministro della Difesa dell’Ue. Non avrei mai pensato di passare così tanto tempo pensando a quante munizioni da artiglieria possiamo fornire».  E infatti ieri il Consiglio Ue ha approvato definitivamente una misura di assistenza alle forze armate ucraine del valore di un miliardo di euro che comprende anche munizioni calibro 155 mm e, se richiesto, di missili che saranno acquistati congiuntamente dagli stati membri dell’Ue dall’industria europea della difesa.

Intanto sul campo si continua a combattere e ieri i bombardamenti russi hanno colpito nuovamente il Donetsk ucraino e le due roccaforti di Slovjansk e Kramatorsk. Secondo il governatore locale, Pavlo Kyrylenko: «A Sloviansk, due missili S-300 hanno colpito l’edificio dello stabilimento Zeus Ceramics, a Kramatorsk l’edificio amministrativo dell’Nkmz è stato danneggiato. Secondo i dati preliminari, non ci sono state vittime. Ci sono danni ai locali, ma tutte le attrezzature di valore sono state portate via tempestivamente».

MA NEL FRATTEMPO  le forze armate ucraine non stanno a guardare e il viceministro della Difesa Anna Malyar annuncia la distruzione di un deposito di munizioni della Wagner nei pressi di Bakhmut (a proposito di tempestività comunicativa) e l’invio di nuovi reparti nella zona. Non si placano neanche gli strani incendi ai depositi di idrocarburi e prodotti chimici in territorio russo. Ieri è toccato a Ekaterinenburg, nella regione di Sverdlovsk.