Il Senegal si è infiammato di nuovo dopo che lunedì Ousmane Sonko, principale avversario del presidente Macky Sall e candidato alle elezioni presidenziali del 2024, è stato incriminato con l’accusa di «incitamento all’insurrezione e cospirazione».

In carcere da venerdì, Sonko ha cominciato domenica uno sciopero della fame. «Sono appena stato sottoposto ingiustamente a un mandato di arresto. Se il popolo senegalese, per il quale ho sempre combattuto, abdicherà e deciderà di lasciarmi nelle mani del regime di Macky Sall, mi sottometterò, come sempre, al suo volere», ha reagito Sonko sui social network.

Due ore dopo la sua incriminazione, il ministro dell’Interno, Antoine Diomé, ha annunciato lo scioglimento del suo Pastef (Partito dei Patrioti del Senegal), a causa dei suoi «frequenti richiami a movimenti insurrezionali» che, secondo il governo centrale, hanno causato le vittime degli scontri di giugno.

La decisione ha spinto i sostenitori di Sonko a manifestare nelle principali città del paese e in particolare a Ziguinchor, principale città della Casamance di cui Sonko è sindaco, e in numerosi quartieri di Dakar. Il bilancio degli scontri di questi giorni è di 2 vittime accertate a Ziguinchor e decine di arresti da parte delle forze di polizia. Nella giornata di ieri altre due persone sono state uccise a Dakar in un attacco con un ordigno incendiario contro un autobus di linea, anche se l’attacco non sembra collegato alle proteste.

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Da lunedì il ministero dell’interno ha bloccato l’accesso a internet nel paese – ieri è stato interrotto anche Tik-Tok – per evitare «la diffusione di messaggi insurrezionali» e ha dispiegato centinaia di agenti in assetto antisommossa, indicando di aver preso tutte le misure necessarie per «preservare il paese dalle violenze e dai saccheggi».

Sonko vede così aprirsi nei suoi confronti un terzo procedimento giudiziario, che rischia di compromettere definitivamente la sua partecipazione alle presidenziali del febbraio 2024. In maggio è stato condannato a sei mesi per «calunnie e diffamazione» contro il ministro del turismo, Mame Mbaye Niang.

E lo scorso 1 giugno la condanna a due anni di reclusione per «corruzione giovanile» – in una vicenda politico-giudiziaria «grottesca» secondo la stampa nazionale – ha scatenato le violente proteste dei suoi sostenitori e una durissima repressione da parte delle forze di sicurezza senegalesi, con la morte di 23 manifestanti, il ferimento di oltre 350 persone e 600 arresti. «La stabilità (del Senegal) è ormai compromessa, perché il popolo non accetterà mai questa definitiva imposizione», scrive il Pastef in un comunicato. I legali di Sonko – insieme ai partiti di opposizione – denunciano una «vendetta politica».

«L’unica nota positiva è la conferma che Macky Sall non si candiderà alle prossime presidenziali (dopo il suo annuncio ufficiale a inizio luglio, ndr) – ha commentato l’analista politico Cheykh Guèye all’agenzia Afp -, per il resto il Senegal non è più quell’isola di stabilità nell’Africa occidentale a causa del clima di repressione di questi mesi».