Selim Özdogan, attraversando a ritmo di rap il volto oscuro della nuova Germania
L'intervista Nell’anniversario della caduta del Muro parla l’autore de «I sogni degli altri», edito da Emons nella nuova collana Aktuell. Uno dei più interessanti autori turco-tedeschi indaga il mondo delle periferie e delle marginalità urbane. «La riunificazione tedesca? Jorge Semprun ha detto che si trattava di una grande opportunità per la democrazia: la Germania ha sperimentato entrambi i sistemi politici. Purtroppo ora sappiamo che si è trattato di un’occasione persa»
L'intervista Nell’anniversario della caduta del Muro parla l’autore de «I sogni degli altri», edito da Emons nella nuova collana Aktuell. Uno dei più interessanti autori turco-tedeschi indaga il mondo delle periferie e delle marginalità urbane. «La riunificazione tedesca? Jorge Semprun ha detto che si trattava di una grande opportunità per la democrazia: la Germania ha sperimentato entrambi i sistemi politici. Purtroppo ora sappiamo che si è trattato di un’occasione persa»
Nizar è nato e cresciuto a Westmarkt, dove le bande di ragazzi turchi si sfidavano in prove di coraggio con quelle dei tedeschi. Lì, in quel quartiere la cui triste fama è sinonimo di violenza e criminalità, ci sono le sue radici, i suoi affetti a cominciare dalla donna turca che lo ha cresciuto come una madre e i cui pranzi domenicali sono l’unico legame che non è riuscito apparentemente a recidere. Perché per il resto l’ex piccolo bandito di strada, con qualche precedente per spaccio, si è reinventato una nuova vita: addirittura, sfruttando la propria passione per l’hi-tech fa l’investigatore privato muovendosi tra i misteri e i pericoli del darknet. E sarà proprio indagando sulla morte di un giovane stroncato dalle nuove droghe sintetiche che si vendono in rete che sarà costretto a fare i conti con il proprio passato, a riflettere su chi e cosa è diventato. E forse su cosa sia oggi il suo stesso Paese.
Con I sogni degli altri (pp. 270, euro 15, traduzione di Monica Pesetti), uno dei titoli che inaugura la collana «Aktuell» della serie di gialli tedeschi pubblicata da Emons, Selim Özdogan racconta il «lato in ombra» della nuova Germania: quella dei quartieri dell’immigrazione turca, delle nuove marginalità e dove i «conflitti culturali» continuano ad avere un profilo prevalentemente sociale. Nato a Colonia nel 1971, una decina di romanzi alle spalle e una stretta collaborazione con il regista Fatih Akin, Özdogan è uno degli autori turco-tedeschi di maggiore interesse del momento.
Nizar ha lasciato da tempo la vita di strada e il quartiere nel quale è cresciuto, ma anche gli affetti che vi erano legati.
L’indagine in cui è impegnato lo costringerà però a fare i conti con le sue radici. Riconciliandosi con il proprio passato troverà la sua dimensione?
In realtà penso che Nizar stia solo cercando di evitare ogni tipo di responsabilità e le contraddizioni della vita in generale. Un’esistenza condotta in questo modo forse è più tranquilla, senza troppi problemi ma è indubbiamente anche più povera. In sintesi: una vita che non raggiunge mai il suo vero potenziale.
Il fatto che il protagonista si senta di vivere in qualche modo «all’incrocio» tra due condizioni esistenziali introduce un altro tema: esiste una specifica dimensione culturale, o forse emotiva, nell’essere un cittadino turco-tedesco nella Germania di oggi?
Senza alcun dubbio. Anche se sono convinto che la linea di demarcazione sia soprattutto di natura sociale. Non si tratta tanto delle origini culturali o etniche, quanto piuttosto del tuo grado di accesso alla ricchezza, alla cultura e al potere. Noi occidentali viviamo in un sistema in cui ci viene promesso che si guadagnerà molto comportandosi da arrampicatori sociali. Grazie a un simile atteggiamento, si dice, potrai avere più possibilità in termini economici, sociali e culturali. Ma ogni storia di «scalata sociale» è allo stesso tempo anche una storia di perdita. Perdi la connessione con il mondo da cui vieni, devi rinunciare ai valori con cui sei cresciuto, ti lasci alle spalle i tuoi cari. E poi potresti renderti conto improvvisamente che per quanto ti trovi spinto in un nuovo ambiente, agli occhi degli altri sei sempre lo stesso, una persona apprezzata solo in virtù dello status sociale che ha raggiunto e non per quello che rappresenta come individuo. Perciò, alla fine di tutto, potresti sentirti ingannato e pensare che la promessa democratica che siamo tutti uguali sia solo una bugia. Per questo ritengo che ciò che a prima vista può apparire legato alla «cultura» in realtà è la conseguenza di ben altro. Anche se non ci fossero più persone percepite come «straniere», ci sarebbero ancora povertà e lavori mal pagati e tutto ciò che ne consegue. Si dice che puoi farcela se lavori duro, ma è una falsa promessa, perché il sistema crollerebbe se tutti potessero davvero sfuggire alla propria estrazione sociale d’origine.
Il darknet che è al centro del romanzo appare non soltanto come la nuova frontiera del crimine che si sposta dalle strade ad una dimensione più professionale e organizzata, ma come una metafora del mondo parallelo di Westmarkt, il quartiere di immigrazione dove è nato il protagonista: si tratta di una «metà oscura» nella quale il resto della società tedesca fatica a specchiarsi?
In effetti c’è un certo parallelismo tra Westmarkt e il darknet. Entrambe sono aree in cui la legge è piegata al volere dei criminali che vi svolgono i loro affari. E come la maggior parte delle persone conoscono poco e male questa parte «oscura» del web, in pochi tra coloro che non vi abitano sanno qualcosa di quartieri come Westmarkt. E poiché non li conoscono, proiettano su queste zone tutte le loro paure. L’altro parallelismo tra questi elementi riguarda il fatto che nel dark web come in quartieri come Westmarkt c’è più libertà ma, allo stesso tempo, meno sicurezza. E proprio ora, a causa della pandemia, stiamo vedendo quanto possa essere difficile trovare un equilibrio tra questi due valori.
Nizar è cresciuto immerso nella cultura hip hop, ma identificandosi con quanto descrivevano i testi dei rapper afroamericani. Il rap tedesco è arrivato tardi ad una consapevolezza sociale?
L’hip hop tedesco che ha riscosso un primo successo commerciale negli anni Novanta era dominato da ragazzini bianchi della classe media che rappavano su qualunque argomento tranne che sull’ingiustizia e le diseguaglianze sociali. Quindi sì, ci è voluto un po’ di tempo prima che in Germania il rap si appropriasse dei temi originali della cultura hip hop.
Anche nei suoi libri precedenti la musica è una presenza significativa: quanto conta la forma narrativa del rap in ciò che scrive?
Credo che i rapper facciano il mio stesso lavoro: cercano di riflettere sul mondo in cui vivono attraverso un linguaggio che piace agli ascoltatori in quanto creativo e originale. E ritmico. A mio giudizio il linguaggio ha sempre a che fare con il suono, il ritmo, il flusso. La letteratura scaturisce da una tradizione orale. Devi farla «suonare bene» per catturare l’attenzione del lettore.
L’esito dell’indagine di Nizar sembra dirci che anche di fronte al buio più totale, come le minacce del darknet, gli individui possono sperare nella redenzione.
Sì, credo che ci sia sempre la possibilità di una redenzione. E che tutto si riduca in qualche modo all’idea di sentirsi separati o connessi. La depressione deriva dal sentirsi separati. L’empatia, l’amore derivano dal sentirsi connessi.
Oggi ricorre l’anniversario della caduta del Muro di Berlino nel 1989. All’epoca lei aveva 18 anni: quali ricordi ha di quel momento e come le sembra sia cambiato il suo Paese in conseguenza di quell’avvenimento?
Prima che il Muro cadesse non avevo alcun rapporto con la Ddr, né parenti da quelle parti né un particolare legame con la storia tedesca. In quel momento capii solo vagamente che stava accadendo qualcosa di storico. Tre anni dopo però ho stretto amicizia con alcune persone della ex Germania Est e ho percepito le possibilità e gli ostacoli che avevano visto in quella vicenda. È stato Jorge Semprun a dire che si trattava di una grande opportunità per il processo democratico tedesco perché la Germania aveva sperimentato entrambi i sistemi politici. Oggi possiamo dire che però per molti versi si è trattato di un’occasione persa.
NOIR
Volker Backert svela tutto il marcio celato nella ex Ddr
Tutto ha avuto inizio trent’anni prima nella notte della riunificazione tedesca: una famiglia sterminata da un professionista del crimine che non ha esitato a sparare anche verso un neonato che piangeva nella propria culla.
QUANDO HANNAH Steiner scoprirà di essere stata cresciuta da una coppia adottiva, il dolore sarà pari solo all’incredulità: non solo ha dovuto attendere di essere una donna adulta per conoscere la propria vera identità, ma oltre a definire i contorni di quell’incredibile atto di violenza a cui era scampata casualmente, per la prima volta capirà anche di essere in realtà figlia di un pezzo grosso della Stati, trasferitosi all’Ovest dopo la caduta del Muro di Berlino.
TRA NOIR, SPY-STORY e romanzo storico, Quella notte di ottobre di Volker Backert (pp. 242, euro 15, traduzione di Monica Pesetti, collana «Aktuell», Emons) racconta all’insegna del crimine e dell’intrigo internazionale l’epilogo della Ddr. Come la stessa Hannah, giornalista investigativa di fama internazionale, non tarderà a scoprire mettendo a rischio la sua stessa vita, all’ombra del rigore morale ostentato dal regime di Honecker il tramonto del Socialismo reale a Berlino Est si è compiuto nel modo più sordido: non solo tra intrighi di palazzo ma anche è soprattutto immerso nella corruzione e inconfessabili interessi personali.
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