«Sono diventato amico di diverse sex workers e ho capito che c’erano milioni di storie da raccontare in quel mondo. Storie umane, che si spera siano universali e aiutino a rimuovere lo stigma che da sempre è stato applicato a questo modo di vivere». Sono le parole di Sean Baker quando ha presentato alla stampa Anora, il film in cui l’omonima protagonista – interpretata da Mikey Adison – lavora in uno strip club a New York. Gli ultimi tre lavori di Baker, in effetti, hanno in comune proprio il fatto di essere incentrati su lavoratrici e lavoratori del sesso. «La mia opinione è che queste attività andrebbero depenalizzate piuttosto che regolamentate, perché il corpo appartiene a chi lavora e spetta a loro decidere come usarlo per il proprio sostentamento. Non so se continuerò per sempre a raccontare queste vite – ha proseguito – però sto lavorando a un nuovo progetto e c’è sempre una sex worker».

IL REGISTA statunitense ha poi approfondito il processo creativo che lo ha portato ad Anora, accolto molto bene sulla Croisette. «L’idea del film nasce dalla lettura di Modern whore, l’autobiografia di Andrea Werhun. Ho scritto il personaggio per Mikey Adison, il cuore del film sono la forza e la dignità di Anora. Mi interessava affrontare il tema del potere e delle sue dinamiche: Ani è in controllo sempre, anche quando il mondo intorno a lei sta collassando».

Baker risponde poi alle domande in merito alle numerose scene di sesso presenti nel film. «Sono coreografate e ovviamente lavoro a stretto contatto con i miei attori per assicurarmi che ogni scena sia necessaria e faccia avanzare la trama. L’intimacy coordinator? Noi non l’abbiamo avuto, non penso ci sia una regola assoluta, ma se un’attrice lo richiede è necessario al 100%. La prima priorità è che gli interpreti siano al sicuro, protetti e a loro agio nel processo».