Cultura

Se a Kiev si assiste all’undici settembre della vecchia Europa

Se a Kiev si assiste all’undici settembre della vecchia EuropaUn’opera dello street artist Seth Globepainter per le vie di Parigi

Indagini «Fronte Ucraina» di Francesco Battistini (Neri Pozza), un viaggio nel presente come alle origini della guerra. Non uno scritto «di parte», ma appunti raccolti «stando da una parte: nella trincea dell’Ucraina». Inviato al fronte da più di 30 anni, l’autore ha firmato recentemente anche l’inchiesta «Maledetta Sarajevo», sempre per Neri Pozza

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 13 maggio 2022

«La prima esplosione che trascina Kiev in guerra scuote il silenzio delle cinque. Un tonfo sordo, lontano. Che precede i latrati cupi delle antiaeree, fa scattare gli allarmi delle auto, fa vibrare i WhatsApp nelle case di chi non è scappato. “Ci siamo!”, scrive un amico di Leopoli. “È arrivato zio Vladi!”. Dai bocchettoni dell’aria riscaldata, nel nostro albergo da giornalisti, diffondono a rullo una voce meccanica e registrata solo in inglese: “Attenzione, raggiungere il punto più vicino di raccolta! Attenzione…”».

NON UN SAGGIO, ma un reportage che indaga «nell’adesso e nel prima»; non uno scritto «di parte», ma un diario raccolto «stando da una parte: nella trincea dell’Ucraina»; un testo che non teme di incorrere nelle dissonanze, gli errori e le incongruenze proprie di ogni lavoro «fatto sul campo» e «non nei salotti tv». Francesco Battistini presenta così il suo Fronte Ucraina. Dentro la guerra che minaccia l’Europa (Neri Pozza, pp. 272, euro 18), un libro che non racconta solo quanto è avvenuto dopo l’invasione russa del 24 febbraio, ma anche il contesto nel quale si è andato costruendo ciò che definisce come «il nuovo undici settembre», un evento destinato a segnare un prima e un dopo, forse non solo per l’Europa, e che lui ha vissuto in mezzo alle macerie di chi era aggredito: «dal Ground Zero di Kiev, di Mariupol, di Odessa, di Kharkiv, di Leopoli».

Sul «campo», Battistini non spende soltanto le proprie note doti di cronista, ma un bagaglio di esperienze e di analisi accumulate nel corso di più di trent’anni seguendo per il Corriere della Sera una drammatica e interminabile serie di conflitti, dai Balcani all’Afghanistan passando per il Medioriente.

EPPURE, anche per lui, che in Maledetta Sarajevo, l’inchiesta firmata recentemente insieme a Marzio G. Mian (per Neri Pozza) nel trentennale dell’assedio della città bosniaca, lamentava come la tragedia dei Balcani non abbia insegnato nulla agli europei, quanto sta accadendo ora in Ucraina rappresenta «una catastrofe che non ci aspettavamo», un evento in grado di minacciare l’esistenza stessa del mondo che abbiamo conosciuto. Anche per questo, il libro segue con estremo rigore, accompagnato dalla capacità dell’autore di rendere palpabili le emozioni e gli stati d’animo dei diversi protagonisti, un doppio binario: da un lato l’inchiesta nel presente, dall’altro, per punti, il definire lo scenario complessivo, storico e politico, nel quale due mesi e mezzo fa hanno fatto irruzione i carri armati russi.

IL PUNTO DI PARTENZA non può che essere la constatazione di come un Paese comparso per certi versi sulle mappe solo trent’anni fa, al momento dell’indipendenza da Mosca, si sia trasformato da «periferia del mondo», in questo simile a tante altre realtà poco o nulla osservate dall’opinione pubblica internazionale, nella nuova linea di faglia tra l’Est e l’Ovest. Non più soltanto una terra di confine, dove la Storia è già transitata con il suo carico di lutti e dolore, ma al centro di un altro destino, come fronte di un conflitto inedito.

«Saranno la Rivoluzione arancione, la rivolta di Maidan, lo scippo della Crimea, la tragedia del Donbass a farci scoprire che l’Ucraina è la linea di confine su cui si giocano tanti interessi e valori che ci riguardano da vicino», sottolinea Battistini. La disamina degli antefatti dell’invasione russa non fa sconti a nessuno: dal 2014 ci sono i neonazisti in piazza a Maidan, minoranza seppur organizzata in una folla moltitudinaria, la celebrazione di Bandera, l’eroe del nazionalismo locale che collaborò con gli occupanti nazisti anche nell’Olocausto, ci sono i giorni della repressione con le forze speciali che sparano sui manifestanti e i «desaparecidos» di Kiev, spesso poco più che ragazzini, l’ingresso dei soldati russi, ma senza mostrine, in Crimea e l’inizio del conflitto in Donbass, con Azov e Wagner a fronteggiarsi sugli opposti fronti.

Sul fondo resta però una constatazione spesso dimenticata, vale a dire che negli ultimi trent’anni, «la Russia s’è impegnata in 19 conflitti. Uno ogni diciotto mesi». E che la nascita della Federazione russa ha comportato decine d’altre guerre: congelate, freddine, tiepide, al calor bianco. Dichiarate, segrete, mascherate, per procura». L’ultima, si sta combattendo in Ucraina, e le prime vittime sono i civili, quel popolo che, ha annotato Battistini alla frontiera con la Moldova, «s’è impacchettato la vecchia vita nei sacchi del compostabile, scarpe e felpe e un thermos e qualche cracker». Mentre la nuova vita è solo una strada buia e vuota.

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