La Spagna è immersa in quella che la vicepresidente del governo, Yolanda Díaz, di Unidas Podemos, non esita a definire «una grave crisi istituzionale». Il tribunale costituzionale per la prima volta nella breve storia democratica spagnola ha impedito al parlamento di approvare una legge disegnata proprio per rinnovarlo. La situazione è particolarmente grave per il fatto che è lo stesso potere giudiziario che sta boicottando il funzionamento delle istituzioni spagnole.

PER CAPIRE cosa c’è dietro questa decisione inedita, bisogna spiegare il meccanismo di funzionamento della costituzione spagnola per quanto riguarda il rinnovamento degli organi di governo della magistratura. L’equivalente del Csm, che si chiama Consejo General del Poder Judicial, al contrario che in Italia, viene nominato interamente dal parlamento spagnolo con maggioranza dei 3/5. Questo significa, nella pratica, che i due principali partiti, il partito socialista e il partito popolare, devono trovare un accordo. La prassi ha retto fino al 2019 e ha fatto in modo che i 20 membri riflettessero le maggioranze parlamentari del momento, talvolta con qualche consigliere espressione di partiti minori.

MA IL PP HA DECISO, dopo le ultime elezioni, di boicottare l’elezione dei membri di questo organo, che sono scaduti dal 4 dicembre del 2018. Da tempo il Cgpj non può eleggere, come è suo compito, i presidenti dei tribunali spagnoli, che infatti sono nel caos. Nel tentativo di convincere il Pp a sbloccare la situazione il governo aveva infatti varato una norma ad hoc. Ma nulla da fare. Neanche la dimissione del presidente del Cgpj, un conservatore, a settembre aveva sbloccato la situazione: il Pp trova sempre una scusa per far saltare un accordo. Al momento ci sono solo 17 consiglieri in carica, tutti ad interim.

E QUI ARRIVA il problema attuale: anche il Tribunale costituzionale è di nomina politica: 4 membri eletti dal senato, 4 dalla camera, 2 dal governo e 2 proprio dal Cgpj. Ora bisogna rinnovare questi ultimi 4. Ma il Cgpj boicotta il processo, perché i due nominati dal governo cambierebbero la maggioranza della corte. E i quattro devono essere nominati contemporaneamente: senza quelli del Cgpj, il processo è bloccato. La corte dovrà poi analizzare molte delle leggi varate dall’attuale maggioranza, per le quali Vox e il Pp hanno presentato diversi ricorsi di incostituzionalità.

SCADUTI I TERMINI perché il Cgpj nominasse i suoi a settembre, l’esecutivo alla fine ha scelto di procedere con la forza introducendo una norma che prevede che il governo possa nominare i suoi membri senza attendere il Cgpj.

Il problema è che la maggioranza ha deciso di modificare la norma inserendola in un provvedimento in discussione in parlamento e che già la destra vede come fumo negli occhi. Si tratta della legge che abolisce l’incongruente e anacronistico reato di sedizione e modifica quello di malversazione. Il Pp ha usato la scusa che per modificare l’elezione dei membri del tribunale costituzionale si deve discutere con calma per presentare un ricorso preventivo. Ricorso che alla fine il Tribunale costituzionale, riunito d’urgenza, dopo 12 ore di discussione ha accettato per 6 voti a 5. I due magistrati che devono essere sostituiti, entrambi conservatori, hanno deciso di non astenersi dalla decisione, nonostante l’evidente conflitto di interessi. Tra l’altro il Tribunale costituzionale è sempre lentissimo: l’ultima volta che aveva agito così rapidamente era stato per bloccare la discussione, stavolta nel parlamento catalano, della dichiarazione d’indipendenza.

Il premier Pedro Sánchez ieri ha tentato di gettare acqua sul fuoco, pur considerando la decisione illegittima, mentre le presidenti di camera e senato annunciavano che avrebbero accettato la decisione. Il governo ha già detto che presenterà una nuova proposta di legge per sbloccare l’impasse istituzionale provocata dal Pp.