Ada Colau viene in Italia e lascia la politica. Per ora
Catalogna L'ex sindaca di Barcellona pronta a farsi da parte per facilitare l'accordo con i socialisti e la sinistra. Lavorerà alla Fondazione Feltrinelli di Milano. Ma non è escluso il ritorno alla politica attiva
Catalogna L'ex sindaca di Barcellona pronta a farsi da parte per facilitare l'accordo con i socialisti e la sinistra. Lavorerà alla Fondazione Feltrinelli di Milano. Ma non è escluso il ritorno alla politica attiva
L’ex sindaca di Barcellona e leader del partito “Barcelona en comú” Ada Colau lascia, almeno per il momento, la politica. L’annuncio verrà dato probabilmente sabato prossimo nella festa di celebrazione dei 10 anni del partito. Ma le voci che danno la sua rinuncia allo scranno nel consiglio comunale si susseguono ormai da un paio di giorni.
Tutti i media danno per certe le dimissioni entro quest’autunno. Sembra che collaborerà con la Fondazione Feltrinelli a Milano e che si concentrerà soprattutto su iniziative a livello internazionale. È noto il suo attivismo per la causa palestinese, è stata in Francia pochi giorni fa ad appoggiare la France insoumise e questa settimana a Roma a Visionaria 2024.
L’idea dell’ex sindaca sembra essere quella di lasciare nelle mani della sua ex numero due Janet Sanz la guida del gruppo in consiglio comunale, cosa che potrebbe facilitare l’accordo con l’attuale sindaco socialista Jaume Collboni, che ha sempre temuto la maggiore popolarità della sua predecessora, verso cui ha mostrato in diverse occasioni malcelato rancore.
Collboni è stato numero due di Colau come capo del secondo partito della coalizione durante la maggior parte degli otto anni in cui Colau è stata sindaca, ma pochi mesi prima delle elezioni lasciò il suo posto per intraprendere una campagna elettorale attaccandola. Mossa politicamente abile: il suo partito, con poche centinaia di voti in più, è riuscito a strappare un consigliere in più di Barcelona en comú e collocarsi al secondo posto, dopo la lista vincitrice, quella del pure lui ex sindaco Xavier Trias, di Junts, che era stato battuto da Colau nel 2015.
Grazie ai voti di Colau (per evitare un sindaco di destra) e del Pp, Collboni è diventato a sorpresa sindaco, lasciando Trias, convinto di tornare al governo, con un palmo di naso. Barcelona en comú spinge da allora, un anno fa, a costruire un governo di coalizione di sinistra, con socialisti, Esquerra republicana e Comuni, ma Collboni con Colau non ci vuole parlare. Per ora ha un accordo solo con Esquerra, ma non gli basterà per avere una solida maggioranza in un consiglio comunale molto frammentato.
Sembra che l’uscita di scena di Colau (“non ci possono essere due sindaci allo stesso momento”, avrebbero detto i socialisti) potrebbe facilitare, finalmente, l’accordo a tre da tutte e due i lati di piazza Sant Jaume: al comune, e anche alla Generalitat. In entrambi i casi, in questo momento governano i socialisti, in minoranza. In entrambi i casi, un tripartito di sinistra garantirebbe la maggioranza.
Ma Colau non rinuncerebbe, sempre secondo le voci non ancora confermate ufficialmente, a tornare a presentarsi per un terzo mandato nel 2027.
Lo statuto di Barcelona en comú non permette tre mandati consecutivi (si presentò nel 2023 perché la militanza glielo chiese in deroga), ma se dovesse lasciare qualsiasi incarico, dopo tre anni il partito non le potrebbe impedire di presentarsi.
Colau, a sorpresa, divenne la prima sindaca donna di Barcellona nel 2015 e potè continuare per un secondo mandato nel 2019 grazie a un accordo trasversale per impedire, in piena esplosione del conflitto con l’indipendentismo, che diventasse sindaco Ernest Maragall di Esquerra republicana (che comunque poi appoggiò assieme ai socialisti quasi tutte le iniziative promosse dalla giunta comunale).
C’è un precedente interessante, che viene ricordato da tutti i giornali locali: il più importante e carismatico sindaco di Barcellona, il socialista Pasqual Maragall (fratello di Ernest), che rimase in carica 15 anni, in pieno scontro col suo partito nel 1997 lasciò la poltrona di primo cittadino e se ne andò proprio in Italia a insegnare. Divenne presidente della Generalitat sei anni dopo, primo socialista ad occupare quell’incarico.
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