Perché resistere a Bakhmut? È la domanda che si pongono molti soldati ucraini impegnati sul fronte est. Anche se «la città ha ormai un valore più simbolico che strategico», come ha affermato il segretario della Difesa statunitense Blinken, capire le motivazioni che spingono i vertici ucraini a non ordinare la ritirata ci aiuta a fare il punto sulla situazione sul campo.

IERI A KIEV si è tenuto un vertice a porte chiuse tra il presidente Zelensky, il comandante in capo delle forze armate ucraine Zaluzhny e un numero ristretto di alti ufficiali. «Valutando l’andamento dell’operazione difensiva» si legge sul sito della presidenza, «il Presidente ha chiesto al Comandante Zaluzhny (…) di valutare ulteriori azioni in direzione di Bakhmut». L’esito dell’incontro sarebbe stato che tutti i presenti «si sono espressi a favore del proseguimento dell’operazione difensiva e dell’ulteriore rafforzamento delle nostre posizioni a Bakhmut» per la quale si è deciso l’invio di «armi ed equipaggiamenti e la loro distribuzione alle aree operative». Tuttavia, indiscrezioni e interviste anonime ci dicono che la decisione non è stata unanime. Zaluzhny sarebbe in realtà favorevole a una ritirata strategica dalla città. Una manovra per zone nella quale le prime linee continuino a combattere per coprire i reparti in arretramento indietreggiando a loro volta, ma lentamente, in modo da permettere la riorganizzazione delle retrovie continuando a tenere impegnata la fanteria russa. La quale, stando ad alcune ricostruzioni non ufficiali, starebbe perdendo una quantità di uomini enorme.

FONTI UCRAINE si spingono fino alla proporzione di 7 soldati di Mosca per ogni difensore. Ma è solo l’ultima stima di una lunga teoria che in alcuni giorni arriva fino a sbandierare tra i tre e i cinquecento morti al giorno. Non è questa la sede per stabilire la sproporzione di caduti tra i due eserciti, è evidente che entrambi stanno perdendo migliaia di soldati, così com’è quasi certo che gli invasori paghino il prezzo maggiore. Per due motivi: il primo, molto semplice ma sempre vero, è che attaccare costa più che difendere; il secondo è che la parte occidentale della città (quella controllata dalle truppe di Kiev) si trova in una posizione rialzata rispetto all’altra sponda del fiume Bakhmutovka e quindi, per ora, gli ucraini riescono ancora a sfruttare il terreno per sparare da posizioni strategicamente avvantaggiate.

SI PENSI che le truppe russe non sono mai riuscite a creare una breccia verso il centro di Bakhmut. La linea di palazzi di fronte alla riva funziona da protezione per l’artiglieria dei difensori e, allo stesso tempo, da posizione di tiro sopraelevata. I russi non la distruggono perché in contesto del genere creare cumuli di macerie permetterebbe ai cecchini nemici di nascondersi per giorni e renderebbe l’avanzata ancora più lenta.

INFATTI, GLI INVASORI provano ad avanzare dai lati. Tre settimane fa il ministero della Difesa aveva annunciato in pompa magna la conquista del piccolo villaggio di Krasna Hora perché, in teoria, avrebbe permesso l’accerchiamento di Bakhmut. In quello stesso frangente la maggior parte degli analisti militari ritenevano necessaria la ritirata ucraina. Invece i militari di Kiev con una sortita vittoriosa sono riusciti a respingere i nemici. Sono trascorsi 20 giorni e ora c’è chi dice che è troppo. Anche perché l’obiettivo di decimare i battaglioni nemici, secondo le stesse fonti, è stato raggiunto. Ma Zelensky non vuole cedere: l’importanza del «sacrificio di Bakhmut» per le richieste di armamenti agli alleati e per la narrazione della resistenza ucraina è troppo importante.

E PER I RUSSI lo è altrettanto. Tanto da esacerbare le rivalità fra la compagnia di mercenari Wagner e il ministero della Difesa. Evgeny Prigozhin, il capo della compagnia, ha pubblicato un video sul canale Telegram Wagner orchestra nel quale si difende da eventuali accuse accusando i vertici della Difesa di non volergli fornire munizioni a sufficienza. «Stiamo ancora cercando di capire i motivi» dice Prigozhin rispetto ai ritardi, «non sappiamo se sia dovuta a ordinari intoppi burocratici o a un tradimento vero e proprio». Ad ogni modo, ha sentenziato l’ex-fedelissimo di Putin: «Il ritiro della Wagner da Bakhmut porterebbe al collasso russo su tutto il fronte».