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Portogallo al voto, elezioni anticipate il 30 gennaio

Portogallo al voto, elezioni anticipate il 30 gennaioIl presidente portoghese Marcelo Rebelo de Sousa con il primo ministro Antonio Costa nel palazzo presidenziale di Belem – Ap

Europa Fuoco amico sulla finanziaria, la mancata approvazione sbriciola la coalizione di sinistra. Ma anche la destra è in crisi di identità: i populisti in crescita succhiano i voti dei centristi

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 5 novembre 2021

Dopo una settimana di consultazioni e riunioni il presidente della Repubblica portoghese Marcelo Rebelo de Sousa ha sciolto l’Assembleia da Repubblica e fissato nuove elezioni per il 30 gennaio 2022. Si conclude così la prima fase di una complessa crisi politica iniziata la scorsa settimana a seguito della bocciatura della legge di bilancio da parte del parlamento i cui esiti sono al momento difficilmente prevedibili. Molti gli interrogativi.

La questione della crisi di governo. Dopo un primo quadriennio (2015-2019) di Geringonça (un’accozzaglia, così è stata definita l’ultima legislatura) de iure nella quale tra i partiti della sinistra era stato concordato un patto di legislatura, era seguita una Geringonça de facto che aveva permesso al socialista António Costa di continuare a guidare l’esecutivo. Una navigazione più o meno tranquilla di sei anni finché la finanziaria è stata respinta anche per il voto contrario di Bloco de Esquerda (Be) e Partido Comunista Português (Pcp).

In poche ore l’eccezionalità portoghese è stata sovrastata dall’ordinarietà europea, dove in sostanza è tutto il sistema partitico a vivere una fase di forte incertezza e ricomposizione. Ci si chiede ora cosa resterà di quell’inedita, anomala e rivoluzionaria coalizione di Be, Pcp e Partido Socialista (Ps).

Sicuramente è sull’attribuzione di responsabilità che si giocherà gran parte della campagna elettorale. La questione è al tempo stesso ovvia e insolubile. Che i socialisti avessero fatto di tutto per creare il casus belli non ci sono dubbi. Be e Pcp erano però convinti che i socialisti bluffassero e che non volessero davvero fare saltare il tavolo. Avevano torto, il tavolo è saltato.

Il dubbio amletico non riguarda la dinamica che ha portato all’apertura della crisi ma se sia stata una scelta strategicamente intelligente sfidare apertamente i socialisti, facendo il loro gioco e generando un processo che con ogni probabilità altererà gli equilibri danneggiando proprio il Bloco e i comunisti.

E poi ci sarà da capire come reagiranno i portoghesi. Al momento la rabbia di quanti in quell’alleanza avevano creduto sembra inarrestabile. Per averne una misura basta scorrere le migliaia di commenti sotto ai post dei leader di Be e Pcp. A fianco dei «delusi» e degli «arrabbiati» ci sono i paceri che, instancabili tessitori di mediazioni, stanno cercando di portare avanti le ragioni del dialogo. Sono in tanti dentro e fuori i partiti a crederci ancora in quell’eccezionalità che è stata la Geringonça, a pensare cioè che non ci sia altra soluzione che continuare insieme.

In questo senso la spaccatura non è solo tra le formazioni della sinistra lusitana ma anche dentro di loro. Chi ritiene che nonostante tutto e indipendentemente da quello che succederà si debbano continuare a trovare degli accordi e chi invece ritiene che il tradimento dell’altro non sia accettabile e che quindi un dialogo non sia più possibile.

Infine la destra, nelle sue tre formazioni, Partido Social Democrata (Psd), Centro Democrático Social (Cds) e Chega. I primi due con una forte crisi di leadership: il secondo in via di estinzione e con il suo elettorato completamente risucchiato dalla destra populista di Chega. Anche qui, come a sinistra, le divisioni investono un duplice piano: inter-partitico e intra-partitico. I conservatori sono d’accordo solo sulla necessità di escludere Chega da ogni possibile alleanza, ma chissà se sarà così anche dopo le elezioni quando mancheranno i deputati del Cds per arrivare a una maggioranza assoluta.

E poi ci sono quelli che, dato il momento politico, forse sarebbe meglio una grande coalizione tra «forze moderate». Magari accompagnata da una riforma della legge elettorale, circoli uninominali capaci di premiare esclusivamente le forze maggiori e, generalmente, di centro. Tira insomma una brutta aria. Si diffonde sempre più l’idea che la democrazia sì, va bene, ma occorre ri-definirne meglio i confini. Confondono il piano del progetto ideologico/partitico con quello meramente istituzionale sovrapponendoli l’uno all’altro. Insinuando il dubbio che contestando l’uno, l’idea politica, si voglia in realtà contestare l’altro, la democrazia.

Sul banco degli imputati, stavolta da parte dei sostenitori di politiche centriste, ancora una volta Be e Pcp, soprattutto per la loro supposta slealtà democratica. Il voto contro l’OE2022 è un pretesto, ma mediaticamente molto efficace, con tutto il corollario di sondaggi a conferma di una sentenza inappellabile: le sinistre sono inaffidabili. Si fa sempre più strada anche in Portogallo una visione della democrazia in cui le opzioni legittime, soprattutto sul piano delle politiche economiche, si riducono fino a quasi sparire.

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