«Negli ultimi 10 giorni il clima è cambiato, si sente che c’è davvero la possibilità di un riscatto della Sardegna. La destra ha paura». Elly Schlein è appena atterrata a Roma da Cagliari: per la terza volta è andata sull’isola a sostenere Alessandra Todde, M5S, candidata del centrosinistra. «È la persona giusta, ha saputo unire la coalizione, è stata scelta per la sua competenza e non per l’appartenenza, a differenza del suo avversario Truzzo, uomo che deve tutto a Meloni e che lei ha imposto per equilibri di potere nazionali. Ma ora hanno capito che possono perdere, e i nostri si sono galvanizzati. Resta da fare un altro passo: sconfiggere la disillusione che si traduce in astensionismo di chi non crede più che la politica possa migliorare le proprie condizioni di vita».

Schlein, nonostante le alleanze col M5S procedano con difficoltà in Piemonte e Basilicata, ha messo la faccia per Todde, fino a poche settimane fa vice di Conte: «L’ho fatto perché la conosco da tempo e la stimo, la sento come una candidata pienamente nostra. Come ha detto Bersani è un perfetto mix tra sardità e innovazione: non è stata imposta da accordi romani, ho grande rispetto per l’autonomia dei sardi. Ma non stiamo imponendo nomi o metodi neppure nelle altre realtà: ogni territorio ha una storia a sé».

TUTTO QUESTO IMPEGNO, per la leader Pd, deriva dalla valenza di un test che è diventato nazionale? «Sono sempre stata allergica all’idea che le sfide locali diventino laboratori nazionali. E resto di questa idea. Non c’è in gioco il mio futuro, o quello delle opposizioni, ma dei sardi». Meloni dice che volete fare della Sardegna una «cavia del campo largo». «Semmai sono loro ad aver fatto un test muscolare sulla pelle dei sardi, è lei che ha silurato il governatore uscente Solinas per imporre il suo candidato Truzzu che ha fatto disastri da sindaco di Cagliari.

Stasera (ieri, ndr) si sono presentati tutti insieme sul palco, confermando che il loro è un matrimonio forzato dal potere, sono capaci di accordarsi solo sulla spartizione delle poltrone». In compenso voi non vi accordate quasi mai. «Per noi è più difficile perché cerchiamo convergenze sulle idee per il futuro, partendo dalle diversità che ci sono cerchiamo di costruire un cammino comune. Così è stato in Sardegna, e sono d’accordo con Todde che ha deciso di chiudere la campagna senza leader nazionali: è una battaglia per il futuro della Sardegna».

SCHLEIN NON NASCONDE la sintonia con la candidata: «Ha messo al centro temi come il lavoro, la sanità pubblica, il caro vita, la mobilità e la continuità territoriale. Un pensionato mi ha detto che il figlio che vive in Umbria non riesce quasi mai tornare a casa per i costi: ecco, i sardi devono potersi spostare 12 mesi l’anno e non solo d’estate. Il ministro delle Infrastrutture Salvini va a Cagliari a fare comizi, ma cosa ha fatto per migliorare questa situazione? Ho preso il treno che attraversa l’isola e sembra una ferrovia dell’800».

MELONI HA DETTO CHE la vostra candidata ha come programma solo l’antifascismo…«Guardi, io l’ho vista battere la Sardegna palmo a palmo, a partire dalle aree interne che si sentono più abbandonate, parlando ossessivamente di proposte: il diritto alla casa e allo studio, il lavoro, l’energia, i trasporti, la mancanza di opportunità per i giovani anche perché manca il sostegno alle nuove imprese. Eppure le regioni possono fare queste cose con i fondi europei, ma Solinas non ha fatto nulla. Una cosa che mi ha colpito del comizio dei leader del centrodestra: non hanno portato un solo risultato da rivendicare dopo 5 anni di governo. E la critica sull’antifascismo? «Accanto ai progetti ci sono anche i valori, e giustamente: noi siamo antifascisti come la Costituzione su cui Meloni e suoi ministri hanno giurato: forse dovrebbero ricordarselo».

ANCHE NEL VOSTRO CAMPO c’è una spaccatura, con la candidatura dell’ex governatore Renato Soru. «Non c’è nessuna spaccatura: da una parte c’è la coalizione di centrosinistra, dall’altra una scelta personalistica e individuale: ho stima per Soru, ma un voto per lui è oggettivamente un aiuto alle destre».

Lei dice non è un test nazionale, ma se dovesse andare bene quale sarebbe la lezione sarda? «In primo luogo un metodo di lavoro: prima una visione condivisa che sia la sintesi anche delle diversità delle forze politiche e civiche. Poi, viene una candidatura che possa rappresentare al meglio quel progetto. Spero che dalla Sardegna arrivi l’idea che si può fare, e così anche in Abruzzo e in altre regioni». In Piemonte e Basilicata le coalizioni non decollano… «Noi siamo testardamente unitari in ogni territorio: quello che conta è la coerenza dei progetti».

TEMA CHE INTRECCIA ANCHE la battaglia parlamentare: «I tre sindacati dei metalmeccanici chiedono di sperimentare la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario: io credo che il Parlamento debba affrontare al più presto questo tema per aumentare la produttività, ridurre le emissioni e facilitare la conciliazione dei tempi di vita». Domenica, nel giorno del voto sardo, la leader Pd sarà a Cutro, a un anno dal naufragio che costò la vita a 94 persone. «Aspettiamo ancora verità e giustizia. Chiesi al ministro Piantedosi perché, pur sapendo che c’era un rischio grave, non furono fatti uscire i mezzi della Guardia costiera, e ancora non ho avuto risposte».