«A chi pensa che sia finita voglio dire che abbiamo appena cominciato, abbiamo un lavoro lungo da fare, una strada in salita, ma non molleremo di un centimetro su quello che è il nostro progetto. Il cambiamento non è un pranzo di gale, è scomodo. Mettetevi comodi, siamo qui per restare. Come si dice dalle mie parti: gli attacchi non ci spaventano, teniamo botta». Elly Schlein sceglie una diretta sul suo account Instagram per lanciare un messaggio a chi ha messo in discussione la sua spinta propulsiva dopo il flop delle comunali.

UN SEGNALE MOLTO NETTO a chi, dentro e fuori il Pd, cerca di mettere in discussione la sua leadership. Di condizionarla o di azzopparla. La leader non cita i ballottaggi vinti dalla destra, su quello aveva già parlato ammettendo la «sconfitta netta». Ma, ricolta ai suoi follower, sceglie di mettere i puntini sulle “i”.

A tre giorni dal voto, l’analisi che circola tra i suoi fedelissimi non è catastrofica: il Pd è sempre il primo partito in 9 capoluoghi sui 13 andati al voto, semmai sono stati gli alleati ad andare peggio di quelli di Fdi. Resta quindi l’idea di un «partito in salute», rianimato dopo lo stato comatoso post elezioni politiche di settembre. «A febbraio era al 14% nei sondaggi e veniva dato per morto, ora è in salute stabilmente sopra il 20%», il ragionamento che viene fatto al Nazareno.

SULLA STRADA DI SCHLEIN però gli ostacoli non mancano. Non ci sono solo le divisioni sulla maternità surrogata (gpa), ma anche quelle che oggi si manifesteranno all’europarlamento sul riarmo. Nel suo messaggio la leader Pd ha definito «inaccettabile» il dirottamento di fondi di coesione Ue e del Pnrr sulla produzione di armi. I dem hanno presentato degli emendamenti al regolamento Asap presentato dal commissario Breton per escludere di poter accedere a questi fondi.

Il gruppo socialisti e democratici li sosterrà nella votazione di oggi, ma è molto probabile che saranno bocciati. E così i dem saranno costretti a votare sul regolamento che prevede anche l’utilizzo del Pnrr per produrre munizioni. La ex responsabile esteri Lia Quartapelle, falco filoatlantista, lancia avvertimenti: «Il Pd ha sempre votato sì, mutare orientamento non romperebbe solo l’unità dei socialisti, schierati decisamente a favore, ma pure l’unità del partito significherebbe cambiare la linea del partito sul conflitto in Ucraina senza averlo mai discusso da nessuna parte».

NELLA DELEGAZIONE a Bruxelles prevale l’orientamento a votare in ogni caso a favore del regolamento, Schlein si è limitata a invitare «tutte le forze politiche a sostenere i nostri emendamenti», spiegando che sarebbe un errore spostare risorse dal welfare e dalla transizione ecologica alle armi. Ma non ha dato indicazione agli eurodeputati di votare in dissenso dai socialisti. «Rispetta l’autonomia del gruppo», spiegano dal Nazareno.

Tra i parlamentari c’è chi parla di uno «scaricabarile». «Se voleva che votassimo no doveva dircelo chiaramente». Ma non è successo: e così le previsioni dicono che 13 voteranno sì (tra loro Picierno e Benifei), tre si asterranno (Pietro Bartolo, Achille Variati e Franco Roberti) e Massimiliano Smeriglio voterà contro. E spiega: «Penso sia un atto grave, si riarmano 27 eserciti, il sostegno a Kiev non c’entra nulla, e non c’è nessun passo in avanti sulle difesa comune europea. Si tratta di una agenda di guerra che rafforzerà le destre nazionaliste, e darà la possibilità agli stati di svuotare la spesa sociale a favore delle armi».

SCHLEIN INTENDE INCALZARE Meloni per far dire al governo che non approfitterà della possibilità di utilizzare i fondi del Pnrr per le armi. Da palazzo Chigi a inizio maggio erano già arrivate rassicurazioni in questa direzione. Per oggi è previsto un question time in Senato. «Chiederemo al goveno un impegno nero su bianco a non dirottare i fondi del Pnrr e di coesione sugli armamenti. Vogliamo una risposta chiara».

E del resto il Pnrr è uno dei punti su cui batte più spesso. «Il governo è sempre stato ambiguo e sta rallentando la sua attuazione. Lo abbiamo ottenuto con grandi sforzi e con finalità precise: coesione sociale, riconversione digitale e tecnologica, ma stanno rischiando di farci perdere una occasione storica», dice la segretaria dem.

A sostegno di Schlein, oltre a Franceschini (che invita a «non ingabbiarla») si schiera anche Bersani: «Prendersela con una che è lì da due mesi con giudizi sprezzanti e ingenerosi è fuori dal mondo».