La rimonta non è riuscita, il candidato Luciano D’Amico non è riuscito a fare l’impresa come l’amica Alessandra Todde in Sardegna, ma per Elly Schlein il bicchiere è mezzo pieno. «Fino a qualche settimana fa l’Abruzzo era dato per perso senza discussioni, il presidente uscente di Fdi partiva con un vantaggio di 20 punti nei sondaggi. E invece unendo le nostre forze attorno a una visione comune abbiamo riaperto la partita e ridotto quello scarto in modo significativo, ma non ancora sufficiente», il suo ragionamento. «Questo ci sprona a continuare a batterci con ancora più determinazione per costruire un’alternativa solida in grado di competere con la coalizione delle destre».

LA LINEA DUNQUE NON CAMBIA di una virgola, la segretaria resta «testardamente unitaria» anche in vista delle prossime elezioni in Basilicata (aprile) e Piemonte (giugno). Pur consapevole che le europee accentueranno tutti i possibili distinguo, e anche le polemiche, per sottrarre qualche voto ai partiti più vicini. La strategia non è quella di provare a massimizzare i consensi, ma di creare reali ostacoli alla desta ad ogni occasione buona. «È chiaro che a volte si vince e altre no, ma il nostro rovello è essere sempre competitivi con le destre, dunque andare con il fronte più largo possibile è indispensabile», spiegano dal Nazareno. «Schlein ha proposto questa linea fin dalle primarie del 2023 e i numeri, dalla Sardegna all’Abruzzo, confermano che è la strada giusta».

IL DATO DEL PD AL 20,2%, che quasi raddoppia rispetto alle ultime regionali e conquista quattro punti rispetto alle politiche (era rispettivamente all’11 e al 16,6%) sono un tonico per Schlein. Il 20% in una delle regioni in cui il Pd è più debole è anche un ottimo viatico per le europee: non è un mistero che un risultato del genere su scala nazionale blinderebbe la sua leadership mettendo a tacere i critici interni.

Ed è anche un dato che incoraggia l’ipotesi della sua candidatura alle europee, ancora in stand by: lo scenario più accreditato è che Schlein si presenti terza tutte le circoscrizioni, indicando un’altra donna come capolista e chiedendo agli elettori di esprimere tre preferenze: un modo per far sì che il voto non premi solo lei e il primo uomo in lista, visto che i nomi più forti di cui si parla sono quelli di big maschi come i sindaci uscenti Dario Nardella (Firenze), Antonio Decaro (Bari), Giorgio Gori (Bergamo), Matteo Ricci (Pesaro), Nicola Zingaretti e il governatore emiliano Stefano Bonaccini.

Da Ricci arriva una spinta alla segretaria: «Il Pd deve competere con Fdi per il ruolo di primo partito. In quest’ottica, la polarizzazione fra la nostra segretaria e la premier, e dunque la sua candidatura, credo sia un elemento che possa aiutarci a competere al meglio». I tempi in cui in coro i dem le chiedevano di rinunciare a candidarsi sembra finito.

TRA I CRITICI SULL’IPOTESI di candidatura c’è anche Romano Prodi, che ha espresso il suo pensiero da mesi. Ieri il padre nobile del Pd, ospite di un convegno a Bologna, non ha fatto mancare il suo incoraggiamento: «Per coltivare un campo largo ci vogliono tanti contadini. Debbo dire che i contadini sono aumentati, parecchio, ma non sono ancora abbastanza, quindi, il campo va coltivato ancora ed è importantissimo che cresca come sta crescendo». E ancora: «È una buona seminagione, poteva andare meglio. Ma in Abruzzo il terreno in questo caso era roccioso, montagnoso, difficile». Buono il giudizio sui risultati dei dem: «È andata piuttosto bene, ed è un cammino di progresso che esiste. Qualcuno pensava che potesse compiersi in un breve periodo di tempo… forse la pretesa era impossibile. Ma la direzione è buona».

NEL PD RESTA INTATTA la stima per Luciano D’Amico, che ha condotto la battaglia in Abruzzo. Schlein lo ha sentito ieri mattina e gli fa arrivare pubblicamente il «ringraziamento più profondo» per come si è speso. L’ex rettore sarà consigliere di opposizione nella sua regione, ma non si esclude per lui un ruolo nazionale. Ad esempio come candidato alle europee nelle liste Pd.