La notizia del blitz, avvenuto nella mattina di venerdì scorso, è stata data dall’Unione sarda. «Ai cancelli del complesso petrolifero di Sarroch – ha rivelato il quotidiano cagliaritano – gli investigatori hanno esibito un decreto di perquisizione e sequestro firmato dal pubblico ministero Enrico Lussu e per tutto il giorno hanno cercato documenti e materiale utile alle indagini. Non solo. Gli esperti della procura sarebbero anche a caccia di sostanze o attrezzature che, almeno nell’ipotesi investigativa, potrebbero essere state utilizzate per “nascondere” gli eventuali superamenti delle soglie di inquinamento. I ranger della Forestale, guidati dal commissario Fabrizio Madeddu, hanno lavorato tutto il giorno, ma non si sa cosa abbiano trovato né se siano andati via con materiale sequestrato. Con il decreto di perquisizione e sequestro, però, la procura ha scoperto le carte di un’indagine rimasta a lungo sottotraccia, notificando i primi avvisi di garanzia. Al momento ancora top-secret i nomi degli indagati».

L’inchiesta è stata aperta nell’agosto 2017.  «L’impulso alle indagini – scrive L’Unione sarda – era stato dato da alcuni esposti presentati in procura nell’estate di cinque anni fa, corredati di foto e di un video che ipotizzavano attività di sversamento in mare ad opera della Sarlux. La Saras aveva sostenuto che quel video mostrava “acqua di mare mista ad alghe (di qui, il colore scuro) che era stato necessario spostare da una parte all’altra dello specchio acqueo antistante il porticciolo delle imbarcazioni di servizio per evitarne l’accumulo, che avrebbe bloccato i mezzi anti-inquinamento”. Le alghe sarebbero state spinte dal vento. Ora, però, dopo cinque anni di accertamenti, il pm Lussu ha ordinato il blitz con l’acquisizione di carte e inviato i suoi consulenti nella raffineria».

Oltre a quella seguita da Lussu, altre due indagini della procura di Cagliari interessano la raffineria di Sarroch. Di una è titolare il pm Giangiacomo Pilia, che indaga su un presunto inquinamento dell’aria che sarebbe legato a diverse fumate anomale fuoriuscite da alcune torri dello stabilimento di Sarroch tra il 2020 e il 2021. Il pm Danilo Tronci si occupa, invece, di un presunto acquisto irregolare, da parte della Saras, di greggio dall’Iraq quando ancora vaste aree di quel paese erano controllate dall’Isis. Per questo secondo provvedimento giudiziario l’avviso di fine inchiesta è stato notificato alla Saras lo scorso dicembre. Nel mirino della procura, sulla base di indagini condotte dalla Guardia di finanza, ci sono quattro top manager della Saras, quattro dipendenti di una società di brokeraggio di petrolio con sede in Svizzera, la Petraco, e le stesse due società.

Tra i manager Saras sono indagati lo stesso amministratore delegato Dario Scaffardi, il direttore finanziario Franco Balsamo e il direttore commerciale Marco Schiavetti, più un quarto dipendente Saras dell’ufficio svizzero della società. Le accuse nei loro confronti sono riciclaggio, falso e frode fiscale.

È stata la stessa Saras a comunicare, con una nota, la chiusura indagini da parte della magistratura cagliaritana con una nota in cui si legge: «Saras Spa comunica di avere ricevuto notifica della conclusione di indagini da parte della procura della Repubblica di Cagliari relative a un procedimento riguardante presunte irregolarità nell’ambito dell’acquisto di grezzo dall’Iraq nel 2016. Nel ribadire la piena estraneità della società e dei dirigenti coinvolti a qualunque condotta illecita, Saras confida nell’operato dell’autorità giudiziaria per poter fare rapidamente piena luce sulla vicenda».

L’inchiesta era partita da una segnalazione alla procura cagliaritana dell’Agenzia delle dogane. Come riporta il decreto della magistratura che a suo tempo aveva autorizzato una lunga e meticolosa perquisizione negli uffici della Saras, l’ipotesi investigativa è che tra il 2015 e il 2016 ben venticinque  navi avrebbero scaricato a Sarroch petrolio che, anziché seguire il percorso autorizzato attraverso la Turchia,  sarebbe partito dai pozzi controllati in Iraq dall’Isis per transitare sino al porto israeliano di Ashkelon e arrivare infine in Sardegna.

Carichi di greggio con documenti irregolari, falsi o incongrui, secondo la procura di Cagliari, che avrebbero procurato un illecito guadagno alla Saras e alimentato le casse dello Stato islamico. In mezzo ci sarebbero, secondo il magistrato inquirente, mediatori e apparati degli stati interessati, in un intreccio ancora tutto da chiarire.