Le voci sull’arresto di Vladislav Surkov circolano anche a Mosca ormai da un giorno. Se fossero confermate, bisognerebbe ritenere di essere di fronte al fatto politico più rilevante accaduto in Russia negli ultimi quindici anni, da quando Vladimir Putin ha concesso a Dmitri Medvedev la possibilità di svolgere un mandato al Cremlino.

Quello era il 2007. Prima della guerra in Georgia. Prima della rivoluzione in Ucraina. Prima dell’invasione militare che ha seguito il riconoscimento delle due Repubbliche ribelli di Donetsk e di Lugansk. Sembra di parlare di un’altra epoca.

Un’epoca di cui Surkov è stato l’infallibile architetto. Nato nella città meridionale di Lipetsk nel 1968 da padre ceceno e madre russa di cui porta il cognome, Surkov ha amministrato a lungo gli equilibri di potere attorno a Putin costruendo il modello politico conosciuto come “democrazia sovrana”, che ha retto il paese per vent’anni sulla base di un principio parecchio distante dai canoni europei. “Troppa libertà”, ha spiegato di recente egli stesso al quotidiano Financial Times, “può risultare fatale”.

Ha detto di lui l’oppositore Boris Nemtsov, ucciso a colpi di pistola sul ponte che porta al Cremlino una sera di inverno del 2015: “Slava” si muove con un vascello nell’acqua, conosce sempre la direzione giusta, con Boris Eltsin era un liberale formidabile e con Putin ha ridato dignità al titolo di autocrate.

Ha scritto Eduard Limonov, eroe e poeta dei nazional bolscevichi: Surkov ha trasformato la Russia in un “teatro postmoderno”, in un laboratorio per i suoi esperimenti politici.

Vedi l’idea di fondare il movimento “Nashi”, significa grossomodo “i nostri”, oppure “noialtri”, attraverso il quale l’immagine non proprio carismatica del capo ha cominciato ad assumere le sembianze di un culto, soprattutto fra i più giovani. Innumerevoli gli incarichi avuti, dai rapporti con la Chiesa ortodossa ai progetti spaziali passando per le riforme costituzionali.

Così come i riferimenti culturali, che comprendono Derrida e il rapper americano Tupac, di cui teneva una foto in ufficio, accanto a quella del presidente. A Surkov è attribuita anche la genesi del progetto politico del Donbass.

Fra il 2014 e il 2020 ha negoziato per conto della Russia lo status della regione con gli inviati di Kiev. Dopo avere lasciato l’incarico ha detto senza giri di parole che “l’Ucraina non esiste”, che “la coercizione è l’unico metodo che ha funzionato” nei rapporti con i vicini. Proprio gli affari a Donetsk gli sarebbero all’origine dei suoi problemi legali.

Dall’inizio della guerra in Ucraina un paio di generali dei servizi segreti sono finiti ai domiciliari per ragioni che devono essere ancora chiarite; il numero due della guardia nazionale è stato costretto a dimettersi; un famoso economista come Anatolij Chubais ha preferito lasciare il paese in cerca di rifugio all’estero. Tutte figure importanti, ma comunque di secondo e di terzo piano nel panorama politico e sociale che circonda il Cremlino.

Nessuno così vicino a Putin come Surkov ha mai subito un’onta tanto grande come l’arresto. Forse in fin dei conti il suo progetto è finito fuori controllo. Per adesso, però, nessuno è ancora stato in grado di fornire conferme.

Tanto è misteriosa la vicenda Surkov, quanto è chiara quella di Vladimir Kara Murza, giornalista e oppositore del Cremlino, arrestato lunedì a Mosca con l’accusa è resistenza. Secondo i suoi legali gli contestano di avere schivato alcuni poliziotti che per qualche ragione erano davanti alla sua casa. Proprio così.

Il fatto di avere cambiato percorso e di avere accelerato il passo è stato sufficiente per convincere gli agenti a portarlo con loro in caserma. Lì ha passato le ultime due notti. Ora rischia quindici giorni di carcere. Kara Murza è conosciuto per le campagne al fianco di Boris Nemtsov.

Nel 2015 e nel 2017 ha subito due avvelenamenti. Nelle ultime settimane ha criticato in modo aperto e soprattutto in pubblico la decisione di spingere l’esercito dentro i confini dell’Ucraina. Ieri anche il segretario di stato americano, Antony Blinken, gli ha espresso solidarietà e ha chiesto la sua immediata liberazione.