Sarà il riscaldamento globale a limitare l’overtourism
Ambiente La ricerca dell’università Ca’ Foscari ha mappato oltre 110mila siti in Europa, incrociando i dati con gli eventi meteo estremi: pianura padana, riviera romagnola, Versilia, Circeo e le coste del Sud le destinazioni più esposte
Ambiente La ricerca dell’università Ca’ Foscari ha mappato oltre 110mila siti in Europa, incrociando i dati con gli eventi meteo estremi: pianura padana, riviera romagnola, Versilia, Circeo e le coste del Sud le destinazioni più esposte
Anche se non arriveranno interventi normativi, a limitare il turismo ci penserà il riscaldamento globale. Lo dimostra uno studio di tre ricercatori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Nicola Camatti, Arthur H. Essenfelder e Silvio Giove, che hanno mappato oltre 110mila siti turistici in tutta Europa e li hanno incrociati con i dati sui rischi degli eventi meteorologici estremi. Lo studio accosta due temi che hanno polarizzato le discussioni dell’estate 2024, ovvero le temperature estreme e l’eccesso di turismo. L’Italia, che è uno dei paesi più arretrati sia per la transizione energetica sia per le misure contro l’overtourism, è anche l’area geografica più a rischio per le conseguenze della crisi climatica.
ESAMINANDO LE MAPPE dei ricercatori, emerge come le coste italiane siano tra le zone più minacciate. Nel giro di pochi anni, oltre a fare troppo caldo per trascorrere l’estate al mare, ci saranno sempre più eventi estremi a compromettere questi luoghi. L’alluvione di maggio 2023 in Romagna è stata un esempio: oltre ai 17 morti e agli 8,5 miliardi di danni certificati dalla regione, tra le conseguenze di quella catastrofe ci sono state le ripercussioni sull’industria turistica, penalizzata dai danneggiamenti alle infrastrutture e dall’inquinamento del mare per buona parte del mese di giugno, che hanno determinato un calo delle presenze. Secondo le proiezioni scientifiche, questo genere di avvenimenti sarà sempre più frequente e perciò comprometterà l’economia delle località che si basano sull’industria delle vacanze.
LE DESTINAZIONI TURISTICHE italiane più esposte alle conseguenze del caldo estremo sono la pianura padana, la riviera romagnola, la Versilia, il Salento, il litorale del Circeo in Lazio, la costa sud della Calabria, il sud della Sardegna e l’intera Sicilia. Per le alluvioni, invece, la provincia di Roma spicca per il rischio molto più elevato rispetto al resto d’Italia. Da segnalare anche la Costa dei Trabocchi in Abruzzo per la maggiore esposizione a trombe d’aria e raffiche di vento forte.
L’INTERO BACINO del Mediterraneo diventerà sempre più invivibile. Oltre all’Italia, le ondate di calore colpiranno le maggiori destinazioni turistiche di Grecia, Spagna, Portogallo e Francia sud. Secondo i calcoli dei ricercatori, le tre città in assoluto più a rischio sono Roma, Siviglia e Copenaghen: questo perché si tratta di luoghi densamente popolati e pieni di attrazioni, oltre che situati in posizioni geograficamente più esposte alle conseguenze di temperature elevate, innalzamento delle acque ed eventi estremi come vento forte, burrasche e mareggiate.
I RICERCATORI sostengono che le condizioni meteorologiche estreme provocheranno una sofferenza economica a lungo termine per le popolazioni locali, sia per i costi dei danni provocati dagli eventi atmosferici, sia per il calo dei turisti. Ma le proiezioni calcolate dallo studio «possono consentire alla politica di prendere decisioni informate e di sviluppare strategie efficaci per la riduzione del rischio di disastri e per le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici», affermano Camatti, Essenfelder e Giove. In sostanza, secondo i ricercatori, si tratta di decidere quali aree vale la pena proteggere, in quali adeguarsi e quali invece abbandonare, poiché non sarà economicamente sostenibile costruire opere di difesa in ogni località, come fatto col Mose a Venezia. Ciò implica la necessità di un totale ripensamento dell’industria delle vacanze. Ma nella nostra penisola, questi ragionamenti sembrano non avere ancora preso piede.
LE ISTITUZIONI continuano a sostenere l’accanimento terapeutico su un settore destinato a morire come lo sci, mentre non attuano progetti di adattamento. Per esempio, nel 2023 l’Emilia-Romagna ha sborsato oltre 4 milioni a 6 imprese che gestiscono impianti a fune e 67 imprese turistiche per compensare le perdite dovute alla mancanza di neve, mentre il ministero del Turismo ha stanziato 430 milioni in due anni per l’ammodernamento degli impianti di risalita e di innevamento artificiale, nonostante si tratti di un’industria con gli anni contati. Poco o nulla, invece, viene speso per studi e progetti di adattamento nelle aree geografiche destinate a subire enormi sconvolgimenti nei prossimi anni. Oltre a stravolgere la vita di migliaia di persone, questi eventi andranno a colpire l’economia su cui il governo nazionale e gli enti locali stanno puntando tutto; eppure la prevenzione sembra ancora una chimera.
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