Sanzioni a geometria variabile contro la Russia, per evitare la chiusura sine die dei rubinetti del gas. Il Canada ha dato un «permesso a termine e reversibile» per consegnare le turbine Siemens, in manutenzione a Montreal, alla pipeline NordStream1, che da ieri è bloccata da Gazprom con la scusa delle «riparazioni» che dovrebbero durare per dieci giorni, fino al 21 luglio.

L’UCRAINA È FURIOSA, ha protestato e chiesto a Ottawa di non consegnare le turbine e rispettare le sanzioni. Ma il cancelliere Olaf Scholz ha ringraziato calorosamente i «nostri amici e alleati canadesi» che hanno deciso di mettere tra parentesi le sanzioni perché in caso contrario, ha detto il ministro canadese della Risorse naturali, Jonathan Wilkinson, i tedeschi sarebbero «incapaci di riscaldare le case nel prossimo inverno».

La Russia aveva già giustificato il taglio del 40% delle forniture di gas all’Europa con la scusa della mancata consegna delle turbine. La Germania è in prima linea con il blocco del NordStream1, a causa della forte dipendenza dal gas russo (al 55%, la media Ue era del 40% prima dell’aggressione all’Ucraina) e deve organizzarsi per far diminuire di circa il 30% la domanda di gas (per i Baltici si tratta di più del 50%).

Adesso sono arrivati nuovi tagli all’Eni, ormai circa la metà dei paesi Ue ha subito diminuzioni o il blocco nelle forniture di gas, il commissario all’Energia Kadri Simons rileva che gli arrivi sono oggi la metà di quelli di un anno fa alla stessa epoca.

Il 20 luglio la Commissione presenta un piano di emergenza per ridurre la domanda di energia. Il progetto non è ancora a punto, ma emerge con forza l’ipotesi di emettere un Regolamento (che gli Stati devono applicare subito, senza ulteriori passaggi istituzionali nazionali, a differenza delle Direttive, che vanno inserite nelle legislazioni dei singoli Stati) per attivare il «vincolo di solidarietà» tra i 27, come era stato fatto per il NextGenerationEu (il piano di rilancio) e i vaccini.

LA GERMANIA PREME. «Abbiamo bisogno di meccanismi vincolanti di solidarietà nella Ue», ha detto qualche giorno fa Manfred Weber, leader del Ppe. Intanto la Commissione, nell’ambito del programma RePowerEu, si prepara a essere di manica più larga nell’accettazione degli aiuti di Stato a sostegno dei settori più colpiti dal caro-energia.

In Francia il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, è in allarme: «Dobbiamo anticipare e metterci in ordine di battaglia adesso. Prepariamoci per un taglio totale del gas russo, oggi è l’opzione più probabile».

Per far fronte all’emergenza, il governo si prepara a presentare un nuovo piano di sostegno al potere d’acquisto, altri 50 miliardi nella speranza di evitare un autunno caldo dei gilet gialli. C’è anche la proposta del governo di requisire gli impianti di produzione di energia in caso di penuria (ha già in programma la nazionalizzazione di Edf, l’Enel francese, dove lo stato passerà dall’84% al 100%).

MA IN FRANCIA l’opposizione intona un’altra musica: France Insoumise da un lato, Rassemblement national dall’altro chiedono che Parigi esca dal mercato unico dell’energia, che essendo basato sul prezzo marginale (i prezzi sono indicizzati sulla fonte più cara) – sostengono – fa salire il costo in Francia che con il nucleare produce energia a prezzi inferiori.

A Bruxelles, la Commissione oscilla tra i difensori di un razionamento dell’energia e chi insiste sulla necessità di accelerare la diversificazione delle fonti di approvvigionamento (Gentiloni, Breton, Vertager). Nell’ultimo rapporto l’Agenzia internazionale dell’Energia prevede un raddoppio del nucleare entro il 2050, accanto alle rinnovabili, per ridurre le emissioni di Co2.