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Sandra Newman, il mondo liberato dai portatori del cromosoma Y

Sandra Newman, il mondo liberato dai portatori del cromosoma YElizabeth Peyton, «Max», 1996

Scrittrici statunitensi «Gli uomini», da Ponte alle Grazie

Pubblicato circa un anno faEdizione del 24 settembre 2023

Nelle prime pagine dell’ultimo romanzo di Sandra Newman, Gli uomini (traduzione di Claudia Durastanti, Ponte alle Grazie, pp. 320, euro 19,90) il lettore ha l’impressione di trovarsi di fronte a una riscrittura della serie The Leftovers, trasmessa dalla HBO tra il 2014 e il 2017: nella prima puntata scompariva, in un solo giorno, inspiegabilmente, il due per cento della popolazione mondiale, corrispondente a 140 milioni di persone. Qui, invece, l’evento straordinario riguarda solo i maschi, portatori del cromosoma Y, che svaniscono nel nulla, con tutto ciò che ne consegue, salvo poi ricomparire, altrettanto misteriosamente, in clip televisivi, in cui si rendono riconoscibili alla audience sbalordita, mentre compiono azioni efferate assieme a strani animali, e intraprendono (forse) il viaggio di ritorno verso casa.

Nella narrativa utopica/distopica c’è una lunga tradizione di mondi in cui le donne detengono il potere e cancellano la presenza maschile: il titolo più importante è Terradilei della femminista americana Charlotte Perkins Gilman, pubblicato nel 1915. La stessa Newman menziona nei ringraziamenti tre scrittrici di fantascienza, tra le più note e radicali: Joanna Russ, Alice Sheldon (ovvero James Tiptree, Jr.), Sherri Tepper.

Di fatto, tra le pagine di Gli uomini l’elemento utopico convive con spunti e variazioni di genere (nel senso di genre) molteplici, e viene a galla lentamente, come conseguenza quasi naturale della scomparsa improvvisa della popolazione maschile: la civiltà americana, malgrado gli avvenimenti catastrofici dei primi giorni post-men, si riorganizza in modo pacifico su basi cooperative ed ecologiste, grazie all’affermazione di un nuovo partito guidato dall’attivista nera Evangelyne Moreau. Quanto alla vita privata, l’assenza totale degli uomini incoraggia i legami affettivi tra le donne, e l’utopia di Newman celebra la forza dell’amore lesbico. Rimangono tuttavia profonde lacerazioni interiori: il mondo precedente alla Scomparsa provoca sia nostalgia per i cari perduti sia paura che possa ristabilirsi l’autorità patriarcale.

In una trama complicata, si alternano testimonianze della voce narrante che appartiene alla bianca Jane Person, vicende di un gruppo di donne appartenenti a minoranze etniche o religiose travolte dalla sparizione dei loro uomini, e l’apparizione inesplicabile degli inserti televisivi in cui gli uomini sembrano ritornare in vita in un paesaggio gotico arido e crudele.
Alcune affascinanti invenzioni sembrano dovute al Philip K. Dick che crea un gioco di universi paralleli o trasforma, come in Ubik, in realtà quotidiana l’immaginazione di alcuni suoi personaggi. Per quanto coinvolgente e passibile di più interpretazioni, Sandra Newman eccede, qui, nell’impiego di materiali narrativi, che basterebbero per due o tre opere, mentre si abbandona a una prosa un po’ compiaciuta, forse strizzando l’occhio ai critici o al reading public accademico.

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