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Sánchez il più duro: violato il diritto internazionale

Sánchez il più duro: violato il diritto internazionaleL’incontro in Vaticano tra Pedro Sánchez e papa Bergoglio – LaPresse

Spagna Stop all’invio di armi a Tel Aviv, ma il centro per la Pace contesta: non è proprio così

Pubblicato 27 giorni faEdizione del 12 ottobre 2024

La Spagna protesta duramente e formalmente con il governo israeliano per gli attacchi ai caschi blu in Libano. Il ministero degli esteri ha convocato ieri il responsabile degli affari dell’ambasciata israeliana, che al momento è il massimo responsabile diplomatico a Madrid. La precedente ambasciatrice, Rodica Radian-Gordon, era stata chiamata a consulta da Benjamin Netanyahu a maggio dopo lo scontro diplomatico fra i due paesi e non è mai tornata. Il nuovo ambasciatore, Zvi Vapni, non ha ancora preso possesso della legazione spagnola.

La Spagna, che ha dispiegato 670 soldati all’interno della Unifil, ne detiene fino al 2025 il comando con il generale Aroldo Lázaro Sáenz, alla guida delle truppe delle Nazioni unite dal febbraio 2022.

La mossa di convocare il capo della diplomazia israeliana arriva dopo le dichiarazioni di ieri mattina del presidente Pedro Sánchez, che era a Roma per incontrare il Papa. La mezz’ora di colloquio è stata dedicata al tema dell’immigrazione, e il leader socialista ha invitato il pontefice a visitare le Isole Canarie, al centro del dramma migratorio in questo momento. Ma dopo la visita, nella conferenza stampa, il premier ha «criticato e condannato» gli attacchi che la missione delle Nazioni Unite Unifil subisce in Libano da parte delle forze armate israeliane.

«Si fermi questa spirale di violenza in Libano, Gaza e Cisgiordania. Bisogna, una volta per tutte, trovare la via diplomatica per risolvere i conflitti in termini pacifici». E ha aggiunto: «È urgente, alla luce di quanto accade in Medio Oriente, che la comunità internazionale interrompa l’esportazione di armi al governo di Israele». Il premier socialista ha insistito sull’idea che la Spagna non esporta nessun tipo di materiale militare a Israele dall’ottobre del 2023: «La posizione della Spagna è quella di non contribuire né in una maniera, né nell’altra alla scalata di violenza e guerra», ha dichiarato.

Ma che la Spagna non stia più commerciando con Israele è messo in discussione, tra gli altri, dal Centro Delàs di studi per la pace: in uno dossier recente ha segnalato 12 banche (tra cui soprattutto Santander, Bbva e Caixabank) finanziatrici di imprese che somministrano armi a Tel Aviv e ha contabilizzato più di un miliardo di euro dall’ottobre 2023 in aggiudicazioni a imprese militari israeliane. Come afferma la presidente del Centro Delàs, Tica Font: il governo si è impegnato solo a fermare le nuove autorizzazioni, non a cancellare quelle già date, cosa che la legge gli permetterebbe di fare in caso di violazione di diritti umani.

È vero che la Spagna si è aggiunta Norvegia e Irlanda nel riconoscimento dello stato palestinese, ma questo per ora non ha conseguenze pratiche significative. I partiti soci parlamentari di Sánchez, Sumar, Podemos, EH-Bildu, Esquerra republicana, chiedono a gran voce di interrompere ogni relazione diplomatica e commerciale con Israele, un passo che il governo spagnolo non sembra intenzionato a fare.

Ma a parole, il premier è duro: «Segnaliamo l’urgenza che il governo di Israele cessi queste ostilità che violano il diritto internazionale, perché sta invadendo un paese terzo, il Libano. Viola anche il diritto internazionale umanitario, come ha anche segnalato la stessa Corte internazionale di giustizia con gli insediamenti in Cisgiordania».

Le schermaglie fra i due governi continuano. La settimana scorsa era stata l’ambasciata israeliana ad attaccare la Spagna dopo le proteste che si erano tenute in varie città contro la guerra: «Ci indigna e rattrista che la Spagna si sia convertito in un paradiso per seminare odio e incitare alla distruzione di Israele. È inaccettabile che una società democratica permetta l’apologia del terrorismo e la celebrazione dei crimini contro l’umanità perpetrati da Hamas», avevano fatto sapere in un post sulle reti sociali.

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