Internazionale

Gli Usa si rimangiano la minaccia: confermate le armi per le guerre di Israele

Soldati israeliani davanti a camion di aiuti al valico di Erez, nord di Gaza foto Epa/Abir SultanSoldati israeliani davanti a camion di aiuti al valico di Erez, nord di Gaza – Epa/Abir Sultan

Davanti agli occhi Scaduti i 30 giorni di «ultimatum»: consegne militari in cambio di aiuti a Gaza. I camion non si vedono e nemmeno la punizione. Stragi nel nord, fuoco pochi minuti dopo l’ordine di evacuare. Stessa dinamica a Beirut

Pubblicato circa 6 ore faEdizione del 13 novembre 2024

Erano in attesa di aiuti umanitari i palestinesi bombardati dall’aviazione israeliana, ieri, a nord-est di Gaza City. Dodici uccisi. L’ultima strage della fame arriva alla vigilia della scadenza dei 30 giorni che l’amministrazione Biden aveva dato a mo’ di ultimatum al governo israeliano: aiuti militari in cambio di aiuti umanitari. Ovvero, sospensione di alcune consegne se Tel Aviv non avesse incrementato il flusso di camion in ingresso.

Il mese – che era già sembrato un’eternità a chi non riceve cibo e medicine da sei settimane – è passato ma di camion in ingresso non se ne vedono. Tante ong ieri hanno dato sfogo alla frustrazione. Il Norwegian Refugee Council ha denunciato l’ormai nota pratica di ostruzione della consegna degli aiuti: «(Israele) impedisce l’ingresso dai valichi…gli aiuti sono arbitrariamente rimandati indietro». Il Famine Review Committee dell’Onu ha detto che mai dal 7 ottobre 2023 erano entrati così pochi aiuti a Gaza .

«Eravamo soliti ricevere 700-800 camion prima del settembre 2023 – spiega ad al Jazeera Amjad Al Shawa, direttore del Palestinian Ngos Network – Ora al massimo 30-40». Conferma Louise Wateridge di Unrwa: «La media a ottobre è stata di 37 camion al giorno…per 2,2 milioni di persone».

LUNEDÌ, ha fatto sapere ieri in una nota il Dipartimento di Stato Usa, Washington ha chiesto conto all’alleato di cosa avesse fatto in questi 30 giorni in un incontro tra Antony Blinken e il ministro israeliano per gli affari strategici Ron Dermer. Difficile dire cosa Dermer gli abbia messo sul tavolo se non un vago «decisioni per affrontare le misure incluse nella lettera» di metà ottobre. Gli Stati uniti hanno risposto annunciando ieri che non sospenderanno le consegne di armi, dice il portavoce del Dipartimento di Stato Vedant Patel, perché «in questa fase non abbiamo valutato che Israele è in violazione della legge statunitense». Gli Usa, aggiunge, hanno visto dei miglioramenti. Li hanno visti solo loro.

A Gaza intanto si continua a morire di fame e di bombe. Ieri sei uccisi a Deir al-Balah, tra loro due neonati; diversi feriti in un raid su un campo di tende a Gaza City, al Gaza Sports Club; undici vittime a Rafah, altre quattro a Nuseirat. E poi c’è Beit Hanoun, nel nord di Gaza, presa di mira ieri con grande violenza.

Sotto assedio da sei settimane, la popolazione ha ricevuto un ordine di evacuazione verso sud (solo le donne, con l’indicazione di non portare niente con sé, non gli uomini arrestati a decine secondo i giornalisti sul posto) ma di tempo non ce n’è stato: il bombardamento è iniziato subito, da un quadricottero.

«Molti palazzi sono stati colpiti e distrutti con le persone ancora all’interno – racconta il reporter Hani Mahmoud – Non gli è stato dato tempo a sufficienza». Immagini simili a Beit Lahiya, sempre a nord. L’Alto commissariato Onu per i diritti umani parla di bombardamenti ripetuti che hanno provocato stragi di massa nel nord di Gaza, per lo più in edifici residenziali che ospitavano tante famiglie: «I raid hanno colpito in modo sproporzionato donne e anziani, molti intrappolati a causa delle restrizioni ai movimenti e agli attacchi sulle vie di fuga».

È MOLTO probabile che il numero di vittime a nord sia molto più alto di quello al momento conteggiato e che porta il bilancio totale degli ultimi 13 mesi a oltre 43.600 uccisi e 10mila dispersi. Cresce anche il conto libanese: 3.287 dall’8 ottobre 2023, con una media impressionante negli ultimi giorni, 40-50 uccisi quotidianamente, probabilmente dettata dalla minore attenzione globale e dalla vittoria appena archiviata da Trump alle presidenziali Usa. Particolarmente colpita ieri Beirut con 13 raid in pochi minuti e, anche qui, partiti pochi minuti dopo il lancio degli avvertimenti dell’esercito israeliano verso 11 palazzi.

La gente è scappata terrorizzata mentre dietro si levava il fumo nero. Ordini di evacuazione anche a sud per altri 14 villaggi libanesi, verso il fiume Awali, ancora più a nord del «confine» del fiume Litani previsto dalla risoluzione Onu 1701. In Galilea sono stati uccisi due israeliani in un lancio di razzi da parte di Hezbollah.

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