Nel giorno in cui Pedro Sánchez ha giurato per la terza volta davanti al re, il rumore del totoministri e le tensioni all’interno dell’alleanza di sinistra Sumar sono state travolte da una notizia shock: una cinquantina di ex militari in pensione hanno pubblicato un appello all’esercito perché depongano Pedro Sánchez e vengano convocate nuove elezioni.

«Chiediamo ai responsabili della difesa dell’ordinamento costituzionale la destituzione del presidente del governo e la convocazione di elezioni generali, cosa che sottoponiamo alla considerazione dei cittadini spagnoli con l’obiettivo di metterla in guardia e che prenda coscienza della gravità della situazione attuale». Una richiesta pubblica di colpo di stato.

In un paese che ha vissuto 40 anni di dittatura sanguinaria, proprio dopo un colpo di stato contro le istituzioni repubblicane, e dove un tentativo di golpe nel 1981 tenne col fiato sospeso milioni di persone che avevano da soli tre anni riconquistato la democrazia, uno scritto del genere e nel clima di polarizzazione fomentato dall’estrema destra genera inquietudine.

Alcuni dei firmanti sono gli stessi uomini in divisa che già nel 2020 avevano scritto – ma allora solo in una chat di Whatsapp – che «non c’è alternativa a dover fucilare 26 milioni di figli di puttana», riferendosi ai votanti di sinistra nel paese.

Nell’appello, i golpisti parlano di «assedio allo stato di diritto», di «frontiere violate da immigranti illegali», di «rottura dell’Unità della Nazione spagnola, unica e indivisibile», di «disprezzo alle Forze di Sicurezza dello Stato che favoriscono la sparizione della Guardia Civil di Navarra e la cessione di commissariati in Catalogna».

Nell’inquietante manifesto, i militari sostengono, in un profluvio di maiuscole e con una grammatica zoppicante, che nonostante «siamo stati i primi ad alzare la voce con uno scritto sulla situazione attuale, molti ci hanno anticipato, Giudici, Pubblici Ministeri, Avvocati dello Stato, Diplomatici, Revisori dei Conti, Poliziotti, Membri della Guardia Civile e, alla fine, anche noi, militari in congedo, abbiamo una voce».

Al clangore di spade dagli ambienti della caverna spagnola, si accompagnavano ieri le schermaglie fra i soci di governo di Sánchez. Podemos continua, disperatamente, a esigere di mantenere Irene Montero al ministero dell’Uguaglianza. La leader di Sumar Yolanda Díaz, a mezzo stampa, ha “proposto” in cambio dello stop agli attacchi, che la quota di Podemos sia occupata da Nacho Álvarez, brillante economista e attuale segretario di stato di Ione Belarra, ministra dei diritti sociali e segretaria di Podemos. Una mela avvelenata: Álvarez, ora molto vicino a Sumar, è sempre stato fra i papabili, e Podemos non può rinunciare a difendere le sue ministre più prominenti.

«I ministri di Podemos li sceglie Podemos», ha fatto sapere Belarra. Álvarez alla fine ha declinato l’offerta, ma il processo di annichilimento di Podemos non sembra fermarsi.