All’angolo, in crisi di consensi e ormai in discussione pure all’interno della Lega, Matteo Salvini prova a reagire nella più classica delle (sue) maniere: attaccando a testa bassa tutto e tutti, nella speranza che la posa estremista possa tirarlo fuori dalle sabbie mobili.

E allora, a Milano dai giovani leghisti, il segretario ieri ha sfoggiato il meglio del suo repertorio. Contro Ursula von der Leyen, tanto per cominciare, e proprio del viaggio della presidente della Commissione Ue (e candidata del Ppe) in Egitto insieme a Giorgia Meloni, vero bersaglio del leghista.

L’avviso è esplicito: «Io spero nel centrodestra unito. Se qualcuno del centrodestra il 9 giugno preferirà la poltrona, la comodità, il politicamente corretto e l’inciucio coi socialisti, non farà un dispetto a Salvini e alla Lega, ma farà il male dell’Italia e degli italiani».

E giù di elenco delle «eurofollie», dalle misure ambientali e alla guerra in Ucraina: «Mi fanno paura i leader come Macron che parlano di guerra, la Lega lavora per la diplomazia e per la pace». Come, però, non è dato saperlo. O forse in realtà qualche sospetto più o meno fondato c’è.

Sabato prossimo, a Roma, Salvini parteciperà a un evento insieme agli altri leader europei del gruppo Identità, definiti come «gli unici che vogliono davvero cambiare l’Europa», da Le Pen all’olandese Wilders. «Vogliamo più libertà e meno Europa». E ancora: «Meno Europa, meno burocrazia, meno regole, meno direttive, meno divieti, meno immigrazione clandestina». Tutto questo per dire che «votare Lega non è come votare Fratelli d’Italia o Forza Italia». Minacce? Fino a un certo punto. «Governeremo fino alla fine della legislatura», sostiene Salvini.

Intanto, il 25 aprile, la Lega scenderà in piazza. Non contro il fascismo, che per il segretario non è un problema ma una categoria «vecchia e superata come il comunismo», ma «per la libertà minacciata da un’Europa che non fa niente contro l’immigrazione clandestina».

Meloni, in tutto questo, non si scompone, lascia sfogare l’alleato e ragiona sulla propria candidatura alle europee. Lei vorrebbe farlo, così come anche Tajani vorrebbe battere il ferro finché è caldo e investire sulla crescita di Forza Italia registrata sia in Sardegna sia in Abruzzo.

Ma di contro ci sono non pochi elementi, a partire proprio dalla palese contrarietà di Salvini, che teme di uscire dalle urne di giugno con le ossa rotte, ovvero con i consensi divorati dalle altre forze della coalizione: sarebbe il suo capolinea.

La decisione di Meloni, in ogni caso, non è attesa a brevissimo: dal 19 al 21 aprile, a Pescara, ci sarà una kermesse di FdI e con ogni probabilità sarà in quella sede che la premier farà sapere se intende o no correre per l’europarlamento.