Poche parole, ma ad alto tasso di tritolo. Le pronuncia Matteo Salvini e non le dice a caso: «Quando un popolo vota ha sempre ragione. Le elezioni fanno sempre bene, sia quando si vince che quando si perde». Esplosive non sono le affermazioni ma le omissioni. Non una sillaba sul clima non precisamente libero e liberale nel quale si è svolta la consultazione russa. È la linea del leader leghista e non è neppure detto che sia condivisa da tutto il gruppo europeo Identità e Democrazia, che sabato terrà la sua convention a Roma. Marine Le Pen negli ultimi giorni si è smarcata e del tutto allineata non lo è mai stata. Ora però per la leader dell’estrema destra francese è quasi una svolta: «Rispetto e sostegno all’Ucraina aggredita». Sotto il segno di Giorgia Meloni, perché se si vuole ambire alla presidenza della Repubblica il sostegno a Kiev è un lasciapassare necessario. La premier infatti in serata corregge ma con notevole fair play: «La linea del governo è chiara e coesa».

Matteo Salvini
Quando un popolo vota ha sempre ragione

Antonio Tajani
Le posizioni del governo sono quelle che ho enunciato io
A Salvini invece interessa proprio mettere in evidenza la distanza dagli alleati: l’imbarazzo in cui precipita il governo non lo riguarda. Trapela tutto, in compenso, dalle parole del collega vicepremier Antonio Tajani, ministro degli Esteri, che viene informato delle parole di Salvini direttamente a Bruxelles, mentre sta per iniziare il vertice dei ministri degli Esteri dell’Unione. Cerca di metterci subito una pezza, prende le distanze, confuta e smentisce: «La politica la fa il ministro e le posizioni del governo sono quelle che ho enunciato io». Quindi le riassume: «Elezioni caratterizzate da pressioni forti, anche violente. Non mi sembra abbiano rispettato i criteri che rispettiamo noi».

L’Unione gli copre le spalle: «Non commentiamo dichiarazioni di singole persone. L’Italia è parte della dichiarazione dei 27 in cui si afferma che le elezioni si sono svolte in un contesto molto ristretto ed esacerbato». La Lega sente odor di tempesta e corregge un po’ il tiro: «Non diamo un giudizio né positivo né negativo. Prendiamo atto del risultato delle elezioni e lavoriamo per la pace».

Ma il nodo non è prendere atto della realtà, esercizio che effettivamente sarebbe utile facessero un po’ tutti. È il posizionamento interno, nell’Unione europea e nei singoli Paesi, quello sul quale i riflettori sono accesi e un governo che esprime linee contrastanti, quasi opposte, non si presenta al meglio. La ferita è aperta e ad affondare la lama non è solo l’opposizione italiana. Il lussemburghese Schmit, commissario europeo al Lavoro e Spitzenkandidat del Pse, è il primo a farsi sentire: «Salvini non ha ragione. Le sue dichiarazioni dimostrano che l’estrema destra è amica di Putin». Il Ppe suona la stessa indignata musica: «Ministro Salvini, lei si vergognerà di queste parole». In Italia il tiro è tutto su Meloni, la quale quelle parole le ha certo apprezzate pochissimo ma può farci anche meno. Boccia, capo dei senatori Pd, prova a incalzare: «Gli alleati di Salvini la pensano come lui?». Ma anche il Pd da quel punto di vista ha i suoi problemi perché tra i tanti comunicati furibondi risalta il silenzio di una sola forza politica: il M5S. Per una volta Conte è muto.