Il governo ormai balbetta sul caso di Ilaria Salis, prigioniera ormai da un anno in Ungheria. Da un lato il ministro degli Esteri Antonio Tajani alla Camera dice che lui non si opporrebbe alla concessione dell’ambasciata italiana di Budapest per gli eventuali arresti domiciliari dell’italiana – «Anche se non è luogo idoneo all’esecuzione di misure coercitive», ha aggiunto – dall’altro c’è il ministro della Giustizia Carlo Nordio che arriva addirittura a strigliare la famiglia Salis: «Hanno purtroppo perso un anno: se avessero chiesto da subito gli arresti domiciliari in Ungheria, tutto questo forse non sarebbe accaduto», ha dichiarato, suscitando per lo più sorpresa per la sua durezza. In realtà la decisione di chiedere la concessione dei domiciliari in Ungheria è ancora tutta da studiare perché la strada per la concessione di una misura alternativa alla detenzione in Italia non è affatto chiusa. Anzi, le voci che la rilanciano cominciano ad essere parecchie e autorevoli: dalla Commissione europea (che ha confermato la possibilità della cosa una settimana fa) alla Corte d’Appello di Milano, che ha formulato questa richiesta per Gabriele Marchesi, l’antifascista italiano la cui consegna all’Ungheria è stata stoppata martedì.

Tutti, però, a destra sono d’accordo su un punto: l’anticipazione della prossima udienza a Budapest (dal 24 maggio al 28 marzo) è «un successo del governo». Il perché e il per come, però, non è dato saperlo. L’unico fatto certo è che l’esecutivo ha cominciato a interessarsi del caso solo dopo un anno e parecchie udienze alle quali Ilaria Salis ha sempre preso parte in catene.

INTANTO IERI, a Roma, centinaia di persone si sono riunite in largo Argentina e poi hanno dato vita a un corteo finito al Pantheon. «Ilaria libera», lo slogan scandito dalla folla. Presenti esponenti di tutti i partiti di opposizione (da Elly Schlein a Nicola Fratoianni, da Ivan Scalfarotto di Iv a Riccardo Ricciardi del M5s, fino al leader dei Verdi Angelo Bonelli), la Cgil (con il segretario generale della Fiom Michele De Palma) e l’Anpi, con il presidente Gianfranco Pagliarulo.

«Noi continuiamo a insistere perché Ilaria Salis debba essere riportata in Italia per fare qui i domiciliari -. ha detto Schlein durante il corteo -. Ci sono decisioni quadro del Consiglio europeo che lo permettono». Ancora più deciso Nicola Fratoianni, che al Pantheon si è trattenuto diversi minuti a parlare con la segretaria dem: «Le parole di oggi del ministro Nordio sono sconcertanti, deprimenti, offensive, umilianti. Raccontare che la magistratura ungherese è indipendente farebbe ridere se non fosse un dramma vero. Questo Paese deve fare una sola cosa: dimostrare dignità. Smettere di scaricare sulla famiglia le responsabilità, è disonorevole per il Paese che questi ministri rappresentano. A loro chiedo come cittadino italiano di rappresentarci con dignità». Il pentastellato Ricciardi si è infine spinto a dire che «quello a Ilaria Salis è un processo politico».

UN’EVIDENZA testimoniata sia dall’atteggiamento apertamente ostile assunto dall’Ungheria – da ultimo spiccano alcune lettere dell’ambasciatore a Roma, contro i giornali e contro il verde Bonelli -, oltre a diversi fatti inquietanti accaduti a Budapest: minacce di morte, murales che raffigurano Ilaria Salis impiccata, lugubri parate neonaziste sotto gli occhi indifferenti delle forze dell’ordine locali. Il clima è questo e se ne può solo prendere atto. Almeno finché non arriverà – se mai dovesse arrivare – un’azione diplomatica più incisiva da parte del governo italiano.
In collegamento telefonico con la piazza romana è intervenuto anche il padre della detenuta, Roberto Salis, che ha salutato la piazza e portato i ringraziamenti per la solidarietà anche da parte di sua figlia. «Da solo non posso fare quasi nulla – ha poi aggiunto – ma con il vostro aiuto possiamo raggiungere l’obiettivo è di far riabbracciare Ilaria con sua madre».