Una mobilità giocata su variazioni infinitesimali, una linea di movimento in cui la frattura si alterna al fluire, un maestro del linguaggio che scolpisce istanti con tagli di luce iconici. Saburo Teshigawara, artista visivo, danzatore, coreografo giapponese classe 1953, è il Leone d’Oro della Biennale Danza di Venezia 2022 diretta da Wayne McGregor. «Teshigawara» recita la motivazione del Premio «coglie il potere di un corpo in flusso costante ed è determinato a espandere il potenziale della coreografia oltre i limiti tradizionali. Il suo spirito pionieristico, la sua immensa tecnica e la sua padronanza di mezzi danno luogo a lavori che oltrepassano i confini scivolando attraverso i generi». In occasione del Leone Teshigawara inaugurerà il 22 luglio il 16° festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia con la sua reinvenzione di un’opera culto dei Balletti Russi di Sergej Diaghilev: Petrouchka. «A ogni soggetto la sua forma» diceva il coreografo Mikhail Fokine. Petrouchka, danzato da Vaslav Nijnisky su musica di Igor Stravinsky, portava in scena nel 1911, a Parigi, un nuovo modo di intendere la danza con un personaggio maschile non principesco, non fascinoso: una maschera del Carnevale russo, un’anima triste, accasciata su se stessa. Postura en dedans a dispetto di qualsiasi regola classica, Petrouchka è bistrattato dallo stolido ma possente Moro: fantocci nelle mani di un Ciarlatano a una fiera di paese, si contendono la terza marionetta di stoffa, una coloratissima ballerina sulle punte.

Teshigawara, lei danzerà «Petrouchka» insieme a Rihoko Sato, sua partner artistica da decenni. Il suo spettacolo è un duetto, non ci sarà il Moro, né il Ciarlatano, come ha trasformato il balletto di Fokine nella sua versione?

La mia non è una trasformazione, il mio lavoro differisce totalmente dall’originale. L’asse su cui ruota è l’amore impossibile per la ballerina. È questa l’essenza del mio pezzo.

Su quali elementi sta quindi lavorando?

Una pressione invisibile grava su Petrouchka. Una forza nascosta a cui è difficile resistere. La tragedia nasce sempre da un conflitto. La morte porta sempre con sé la morte in un ciclo negativo. Mi interessa esprimere l’umana agonia e disperazione inseparabile dalla pelle e dalla carne attraverso la forma di una bambola.

Nella sua carriera lei ha affrontato con un approccio molto personale fonti letterarie, penso alla sua versione de «L’Idiota» di Dostoevsky, al suo «Tristano e Isotta», cosa la incuriosisce?ù

Sono interessato alla differenza tra il romanzo e la poesia. Definirei i romanzi tridimensionali, la poesia quadrimensionale, la mia danza è a cinque dimensioni. Le parole nelle poesie hanno una sostanza fisica per me. Come i colori per Turner, non sono simboli, esprimono la qualità e la grana degli elementi, compresa l’aria. Le parole nei romanzi hanno una struttura, c’è un ordine, le poesie infrangono l’ordine, cambiano la percezione delle dimensioni. La danza include l’importanza del senso del tempo, diventando un’arte multidimensionale. La danza nasce con la poesia e con la musica.

Nella sua versione di «Petrouchka» ci saranno estratti dallo spartito originale di Stravinsky?

Sì, ma utilizzo anche una mia composizione musicale di rumori con suoni registrati per le strade dell’Italia.
«Petrouchka» è uno dei ruoli più famosi di Vaslav Nijinskij, dio della danza di inizio Novecento con una vita e una fine tragica.

Cosa pensa dei suoi diari?

Ho letto i diari di Nijinskij prima di iniziare a fare danza. I miei fantasmi si nascondevano tra le pagine del diario, pur senza riuscire, da giovane, a capire pienamente la purezza e la confusione della sua spiritualità.

A Venezia lei lavorerà anche con i danzatori del College. Ha deciso su cosa si concentrerà?

Sarà chiaro dopo averli incontrati. Penso che l’oggetto del lavoro debba scaturire dall’incontro, non essere pianificato prima.

Dopo tanti anni nella danza, quali concetti ritiene siano essenziali da trasmettere alle nuove generazioni?

La sorpresa e la confusione dei giovani spalancano la via a tante possibilità. Voglio condividere con loro un’esperienza. Io posso avere la mia filosofia, ma il mio scopo finale non è insegnarla. Io rispetto l’indipendenza e la forza giovanile del conflitto e della battaglia.

Il corpo ha un «pensiero fisico»? Come lo spiegherebbe?

I numeri, il linguaggio hanno una loro struttura simbolica e logica. Anche il corpo, nella sua funzione, nel movimento, risponde a una logica che ha una sua unicità. Pensare al corpo solo in termini di quantificazione e simbologia non porta a un grande risultato. Attraverso la logica interna del corpo, il pensiero diventa più intimo al corpo stesso. Il corpo e il pensiero trovano una dimensione comune, creando una relazione reciproca molto complessa. Il cervello, in primis, è una funzione fisica.

La longevità nella danza. Come raggiungerla secondo la sua esperienza?

Anche se sei stanco di danzare, se sei interessato al movimento, se sei interessato alla vita, avrai bisogno di molto tempo e di conseguenza molto tempo ci vuole per creare la tua danza.

Chiudiamo sul Premio che riceverà a Venezia, il Leone d’Oro alla carriera.

Più che pensarlo per me, lo sento come qualcosa da condividere tra le persone coinvolte artisticamente e tecnicamente nel mio lavoro, un regalo pieno di gioia di cui non solo io sono partecipe.