Con i funerali di Aleksej Naval’nij si chiude un ciclo importante per l’opposizione russa, che adesso si trova privata di uno dei suoi simboli principali. Se nel 2021 il regime di Putin aveva strappato all’opposizione uno dei suoi maggiori agitatori, incarcerandolo appena atterrato all’aeroporto di Mosca dopo la convalescenza a Berlino dall’avvelenamento, nel 2024 il Cremlino le ha tolto uno dei suoi eroi.

In carcere da tre anni, infatti, Navalny incarnava la figura di eroe-martire che ha dato tutto se stesso alla lotta contro un regime cruento, a simboleggiare una determinazione oggi più che mai necessaria a chi vuole opporsi al regime di Putin. La sua morte nelle braccia dello stato è stata una dimostrazione di forza brutale, e un messaggio inequivocabile ai dissidenti.

Da tempo l’opposizione russa si trova priva di mezzi e infrastrutture in grado di canalizzare il dissenso. Non ci sono, al momento, partiti o organizzazioni che possano riunire l’opposizione a Putin entro un fronte coeso. L’invasione dell’Ucraina e il conseguente inasprimento della repressione interna alla Russia hanno esacerbato queste tendenze, lasciando la società civile priva di margini di autonomia e partecipazione.

In questo contesto, la morte di Navalny ha un tragico valore simbolico, di repressione totale e senza scrupoli.

Certamente ha anche risvolti concreti: se, da un lato, la sua Fondazione per la lotta alla corruzione (Fbk) ha il merito di aver raggiunto una grande capillarità su tutto il territorio russo, dall’altro ci sono dubbi evidenti sulla difficile eredità che Navalny ha lasciato.

Un dimostrante ieri con la foto di Navalny davanti all’ambasciata russa di Berlino
Un dimostrante ieri con la foto di Navalny davanti all’ambasciata russa di Berlino

Protagonista di un movimento popolare quanto personalistico, sembra che i suoi collaboratori più stretti fatichino a raccogliere un’eredità così importante.

Così si può leggere la decisione della moglie Yulia Navalnaya di portare avanti l’impegno del marito: più come la volontà di assicurare una continuità simbolica ed “emotiva” con l’operato del defunto leader, che come un piano operativo ben studiato insieme a colleghi e colleghe del marito. Con la speranza che Navalnaya ed Fbk, insieme all’accorata partecipazione che una parte importante del popolo russo ha mostrato in questi giorni, possano dare vita a una nuova fase dell’opposizione a Putin.

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Una nuova fase infatti sarà necessaria. Priva di mezzi e di eroi, senza fronti uniti, l’opposizione russa al momento è atomizzata. Si stima che fino a un milione di persone abbiano lasciato il Paese, per ragioni politiche e per tutelare la propria incolumità di fronte a leva militare e repressione politica.

Nei primi mesi dopo il lancio dell’invasione, nel 2022, avevamo assistito a molte proteste di piazza. Spontanee, senza figure di riferimento in grado di canalizzare il dissenso, le rivolte sono state represse con violenza brutale. Con l’avanzare dei mesi, le manifestazioni si sono trasformate in “microproteste”, espressioni di dissenso individuali e performative. Scritte sui muri, statuette, volantini, canali Telegram, in cui far circolare informazioni censurate dalla propaganda e attraverso cui tenere vivo il dissenso in Russia, che però hanno scarsa (se non nulla) influenza sulle decisioni delle istituzioni.

Queste ultime rimangono impenetrabili anche tramite i canali tradizionali: la Commissione elettorale federale ha rigettato la candidatura di Boris Nadezhdin alle presidenziali del prossimo 15 marzo. Nadezhdin aveva messo il ritiro delle truppe dal territorio ucraino al primo punto del suo programma elettorale, definendo l’ “operazione militare speciale” in Ucraina «un errore fatale».

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Nella corsa alle elezioni aveva raccolto più di 100mila firme a sostegno della sua candidatura attraverso tutto il territorio russo.

Molti sono anche i gruppi di auto-aiuto, come Idite lesom, “fuggite nel bosco”, un canale Telegram di supporto concreto a chi vuole disertare. In queste settimane spicca anche Put’ Domoj, “La strada di casa”, un movimento autonomo di mogli e madri di soldati che chiedono la fine della guerra e il ritiro delle truppe.

Per Navalny, a San Pietroburgo, foto Ap
Per Navalny, a San Pietroburgo, foto Ap

Al momento, le forze dell’ordine non hanno toccato le donne in protesta, neanche quando si sono raccolte in Piazza Rossa a Mosca: picchiare e arrestare mogli e madri è troppo anche nell’iper-conservatrice Russia di Putin (per ora). In compenso, a ogni manifestazione del movimento vengono arrestati giornalisti e curiosi che documentano le voci delle donne, al fine di limitare la loro risonanza mediatica.

L’orizzonte dell’opposizione russa ad oggi è scarno e tetro. Bisognerà aspettare un nuovo punto di rottura.