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Roma, la piazza triste del Pd: «No ai tagli alla sanità pubblica»

Roma, la piazza triste del Pd: «No ai tagli alla sanità pubblica»Enrico Letta a piazza Santi Apostoli con Pierfrancesco Majorino e Alessio D'Amato – Patrizia Cortellessa

Santi Apostoli Sul palco i tre candidati leader. Letta a Meloni: «Ci ascolti su salario e opzione donna. No al fango su di noi per il Qatargate». Bonaccini e Schlein se vanno quasi subito, impegnati nei loro tour per le primarie. Nel backstage i big si posizionano

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 18 dicembre 2022

Il colpo d’occhio di piazza Santi Apostoli, teatro della grande vittoria dell’Ulivo, è un tantino triste: poche centinaia i presenti, tantissimi addetti ai lavori, compresi i giornalisti: il popolo contro la manovra di Meloni, che era stato chiamato in piazza, non si è visto. Le bandiere rosse di Articolo 1 sono più di quelle del Pd e, se ce ne fosse bisogno, il Qatargate ha depresso ancora più gli animi.

IL GRUPPO DIRIGENTE DEM però c’è tutto, a partire dai tre candidati alla segreteria, Bonaccini, Schlein e Paola De Micheli, che salgono sul piccolo palco tutti insieme per mostrare l’unità del partito. Poi però se vanno in fretta, quando la manifestazione è appena iniziata, lei diretta in Sicilia, lui in Calabria, per i loro tour in vista delle primarie.

Enrico Letta invece resta per tutto il tempo, a lui la croce da portare in questo «percorso lungo e complicato», con la destra al governo e le ferite della sconfitta che non si rimarginano. «Il nuovo segretario saprà fare meglio di me, saprà svelare gli inganni della destra e vincere le prossime elezioni». Chissà quali, si chiede la poca gente che ascolta: domina un sentimento cupo, Susanna Camusso, una che di manifestazioni contro la manovra se ne intende, non nasconde il suo «pessimismo».

LETTA ESALTA IL LAVORO di queste ore dei parlamentari dem sulla manovra, si rivolge a Meloni: «Stiamo lavorando perché questa manovra sia meno peggio. Faccio un appello al governo perché accolga almeno le nostre proposte essenziali su opzione donna e sul salario minimo». Bonaccini, sotto il palco, predica una «opposizione costruttiva e mai sguaiata», «presenteremo sempre le nostre proposte alternative, non faremo una gara a chi urla di più». Schlein parla di una finanziaria «iniqua verso i più fragili e senza slancio verso il futuro dei giovani».

POCA ROBA, PER ESSERE una piazza di lotta e di protesta. Serrachiani prova a scaldare gli animi parlando di una manovra «indecente», cita i condoni e i tagli alla sanità pubblica e alle pensioni. «Si salvi chi può», dice Roberto Speranza, e non si capisce se si riferisca agli effetti della manovra o alle sorti del centrosinistra. «Difesa di beni e servizi pubblici», è il totem dell’ex ministro della Salute.

«Dobbiamo ripartire dai beni pubblici essenziali, innanzitutto la sanità, evitare che passino i tagli del governo», dice Letta. Antonio Misiani, esperto di economia, spiega che «un aumento dell’1,6% della spesa sanitaria tra il 2022 e il 2023 non è sufficiente con un’inflazione al 12%. Molte regioni rischiano il commissariamento, e saranno più penalizzate quelle che hanno investito di più in sanità».

BONACCINI, CHE QUESTI conti li conosce bene, lancia una proposta a M5S e terzo polo: «Facciamo subito un’alleanza a difesa della sanità pubblica. Magari qualcuno che ha votato il centrodestra e si accorge che dovrà rivolgersi alla sanità privata in futuro potrà scegliere di votare per noi».

Anche Pierfrancesco Majorino, candidato alla guida ella Lombardia, batte su questo tasto: «A Milano bisogna aspettare 2 anni per una visita psichiatrica per un bambino, il messaggio che manda la destra è rivolgersi al privato». Così Anche Alessio D’Amato, candidato nel Lazio, di cui è tuttora assessore alla sanità: «Questo governo non ha imparato nulla dal Covid, stanno facendo il contrario di quello che serve, e cioè investire sugli ospedali e sui servizi territoriali».

Speranza sintetizza: «Vogliono far scendere la spesa sanitaria sotto il 7% del pil dove noi l’avevamo portata»». Sul palco arriva Tommasina, infermiera di Latina, stabilizzata dopo 13 anni di precariato: «Per chi dobbiamo votare alle regionali?», grida. Il pubblico risponde: «D’Amato». E lei: «Non siete stati convincenti, gridate più forte!».

LETTA È SOLO AD AFFRONTARE il bubbone del Qatargate: «Questo è un partito di gente perbene, non accettiamo che ci si getti addosso la sporcizia di questo scandalo inaccettabile. Noi siamo parte lesa, vogliamo che chi ha sbagliato paghi il conto». E ancora: «Per noi l’Europa è quella degli ideali di David Sassoli, non gli scandali e le porcherie». Bonaccini è d’accordo: «Giusta la sospensione di Cozzolino, dobbiamo mettere la questione morale al centro. In altri partiti queste cose le digeriscono meglio, la sinistra fa bene a indignarsi e a difendere una comunità fatta di persone perbene come il sottoscritto».

DIETRO IL PALCO CI SONO tutti i big. Andrea Orlando si scaglia contro le nuove norme sui subappalti: «Se fai una catena del subappalto infinita come fai a controllare le eventuali infiltrazioni criminali? Meglio andare all’esercizio provvisorio che far approvare quesa roba».

Si parla molto dell’imminente congresso. Orlando, come altri, non è entusiasta del duello Bonaccini-Schlein. Ma ormai è opinione comune che non c’è più tempo per costruire altre candidature. Orlando ne discute a lungo con Francesco Boccia e Peppe Provenzano. Boccia ha rotto il sodalizio con Emiliano e De Luca, che sono saliti sul carro di Bonaccini. Molto probabile che lui e Orlando alla fine sostengano Schlein. E anche Zingaretti, oltre a Franceschini. Un “correntone” che potrebbe riaprire una partita che molti considerano già vinta dal governatore emiliano.

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