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Centrosinistra, quella che manca è un’invasione di «Campo»

Centrosinistra, quella che manca è un’invasione di «Campo»Elly Schlein, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli alla Partita del cuore – foto LaPresse

Poco dibattito interno, niente primarie, pochi luoghi di elaborazione, torsioni proprietarie. La sinistra ha copiato la destra e si preoccupa solo di rafforzare la tolda del capo

Pubblicato 9 giorni faEdizione del 2 ottobre 2024

Il Campo largo sembra scomparso, dopo il testa coda sulle nomine Rai, soprattutto dopo i silenzi sull’escalation militare in corso in Libano. Bene le alleanze elettorali per Emilia e Umbria, male, in Liguria, il velenoso cavallo di Troia renziano.

I partiti appaiono concentrati sugli equilibri interni, mentre risulta assente l’avvio di un progetto comune, di mobilitazione, che sia in grado di far crescere una proposta di alternativa. Non bastano le mobilitazioni contro l’autonomia differenziata. Servono parole chiare sulla pace.

Servirebbero generosità (l’alleanza è più importante del risultato di chi la compone) e cessione di sovranità, ma di tutto ciò non vi è traccia.
La destra ha una idea di partito: leaderistico, plebiscitario, televisivo, social, che ruota attorno ad un nucleo di fedelissimi. Una costruzione che rinuncia al corpo, alla organizzazione su scala territoriale. La sinistra ha mutuato quel modello e lo sta applicando, rafforzando la tolda di comando nazionale che si compatta intorno al capo di turno. Poco dibattito interno, pochi luoghi di elaborazione, primarie scomparse. Torsioni proprietarie. Un modello che attraversa tutto il sistema politico con pochissime eccezioni. La differenza è che la destra vive di leadership salvifiche, la sinistra senza popolo fa fatica a perseguire la propria ragione di fondo: vincere per cambiare il Paese.

Il Fronte popolare francese, disobbediente e conflittuale, dispone di un centro studi e di una piattaforma di consultazione con 400mila persone. Le esperienze di Prodi 1996, la fabbrica del programma, e Prodi 2006, le primarie, appaiono lontanissime.
Nel mentre Meloni si rafforza. Fitto con le risorse del Fondo di coesione e la vice presidenza avrà un ruolo di rilievo in una Commissione a trazione popolar conservatrice.

Un quadro che va stabilizzandosi, con la premier che sposa le compatibilità tecnocratiche e il rapporto Draghi. Liberista, guerrafondaia, atlantista Meloni è perfettamente inserita nel quadro di comando dell’Unione. Una svolta della destra. Permangono questioni identitarie rilevanti: diritti civili e umani, l’avversione ai migranti, la diffidenza verso il mondo lgbtq e l’autodeterminazione delle donne, le idee di Valditara sulla scuola e le torsioni violente presenti nel disegno di legge Piantedosi (tutto è reato: blocchi stradali, scioperi, proteste in carcere e nei Cpr, le occupazioni di case…).

Nessun fascismo, ma una svolta autoritaria capace di accompagnare le politiche liberiste come già avvenuto in Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna. Con Forza Italia a trazione Pier Silvio e Pascale a giocare un’altra partita, spinti dal feeling Mediaset gruppo Gedi. Facendo l’occhiolino al Pd, Forza Italia rende accettabili le spinte di ultra destra presenti nel governo. Tajani lo fa con la sponda europea, di Von der Leyen, di Draghi, di Confindustria e dei più grandi gruppi economici del Paese.

In questo contesto le ambizioni di governo dei progressisti rischiano di infrangersi. Meloni appare credibile agli occhi del popolo e affidabile per le elité europee.
Allargare il campo, farlo respirare, attraversare da movimenti, vertenze, intellettuali, rendere contendibile il programma è l’unica possibilità per smuovere lo scenario e costruire una speranza per chi non si arrende alla destra, al liberismo, alla guerra. Soprattutto all’escalation di morte in corso in Medio oriente. Come si costruisce il programma? Quale posizione sulla guerra, le armi, la Palestina, la redistribuzione delle risorse, il welfare? Chi decide? I segretari in un caminetto? Davvero qualcuno pensa che possa bastare?

La destra liscia il pelo al senso comune, il centro sinistra arranca dietro il buon senso, piuttosto dovrebbe sollecitare i privi di senso, chiedere loro, oltre il rancore e il disincanto, come vogliono vivere, cosa desiderano. Questa dovrebbe essere la nostra ambizione più grande. Organizzare una grande pacifica invasione di campo.

Violazione del diritto internazionale, bombardamenti, Nato, nuovo ordine israeliano, economia di guerra la differenza tra destra e sinistra si giocherà su questi temi.

Una grande manifestazione pacifista, unitaria, potrebbe essere la risposta alla folle tragedia omicida dell’Occidente. Su questo si verifica l’esistenza di un campo che voglia battersi contro l’abisso che abbiamo dinanzi.

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