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Rai, Pd e Si provano ad archiviare lo strappo

Rai, Pd e Si provano ad archiviare lo strappo

Controcampo Bonelli: «Non abbiamo violato i patti». Fratoianni: «Caso chiuso». Calenda lancia il fronte contro Stellantis: «Elkann risponda al Parlamento»

Pubblicato circa un mese faEdizione del 28 settembre 2024

In attesa che martedì il nuovo cda Rai nomini ad Giampaolo Rossi (Fdi) e come presidente Simona Agnes di Fi, nel centrosinistra restano le scorie dopo il clamoroso strappo di giovedì, quando 5S e Avs hanno deciso di votare due consiglieri di amministrazione (Alessandro Di Majo e Roberto Natale), mentre Pd e centristi hanno tenuto fede al patto di non partecipare al voto per denunciare l’assalto della destra alla tv pubblica, e in attesa della riforma Rai che inizierà la discussione in commissione in Senato sempre il primo ottobre.

«UNA COALIZIONE È FORTE se tutti lavorano con lo spirito di solidarietà e lealtà. Sulla Rai il M5S ha fatto il suo gioco e credo che però abbia fatto anche il gioco del centrodestra», attacca dal Pd Lorenzo Guerini. Il capo della corrente riformista dem è una voce isolata. Dal Nazareno l’input di Schlein è sopire le polemiche e concentrasi sulle tre sfide delle regionali d’autunno, a partire dalla Liguria, dove il candidato Pd Andrea Orlando ha lanciato un nuovo appello all’unità. Il leader dei Verdi Bonelli non ci sta a passare per un complice delle destre: «Sono calunnie che respingiamo in maniera forte e indignata.

Noi non abbiamo violato nessun patto e non abbiamo mai partecipato a lottizzazioni. Nel documento che avevamo firmato con le altre opposizioni non si parlava di fare l’Aventino in Aula. O meglio: lo avremmo fatto se non fosse partita la riforma della Rai in Parlamento, cosa che avverrà il primo ottobre. Il Pd ha fatto un grave errore di valutazione». Nicola Fratoianni è meno duro: «Per me la vicenda Rai finisce qui, tra noi ci sono valutazioni diverse anche su temi più importanti come la guerra ma lo sforzo dev’essere quello di costruire un’alternativa credibile alle destre».

LA PROVA DEL NOVE SARÀ in Vigilanza, dove la nuova presidente Agnes è in cerca del voto dei due terzi per la conferma della sua nomina: all’appello ne mancano due e le opposizioni dovrebbero lasciare l’aula di San Macuto per evitare giochi sottobanco. Ma non se ne parlerà prima di metà ottobre, nel frattempo la presidenza ad interim andrà al consigliere anziano, il leghista Antonio Marano. Se le opposizioni resteranno unite e Agnes sarà bocciata, potrebbe spuntare il nome di un presidente di garanzia gradito anche al Pd. Si vedrà.

IL M5S INTANTO RILANCIA la sua proposta di riforma, che prevede che il presidente sia nominato dal Quirinale, l’ad dalla Vigilanza e l’abolizione del canone. La Lega invece insiste per l’aumento dei tetti pubblicitari in Rai, sfidando le ire di Mediaset (e di Fi). Calenda, intanto, dopo aver accusato 5s e Avs di essere «comprabili» sulla vicenda Rai, lancia un appello alle opposizioni per una mobilitazione comune sul tema auto. «Elkann deve rispondere al Parlamento, stanno distruggendo gli investimenti in automotive in Italia, anche fatti con soldi pubblici. Serve una proposta comune sull’auto da inserire in manovra», dice Calenda, ricordando che tra due settimane si voteranno le mozioni su Stellantis. «Ragioniamo su un testo unitario», la risposta di Avs. Sì anche da Conte. Il Partito democratico non ha ancora aderito.

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