Se a sinistra il campo si restringe il nuovo municipalismo può allargarlo
Opinioni Dopo il voto ligure vanno messi a valore i semi di speranza del territorio: reti sociali, amministratori locali, laboratori di autogoverno impegnati a contendere spazi alla destra. C’è un mondo che si riconosce in un nuovo civismo e aspetta che venga organizzato e accolto, e non nascosto, come accade così spesso nelle segreterie nazionali
Opinioni Dopo il voto ligure vanno messi a valore i semi di speranza del territorio: reti sociali, amministratori locali, laboratori di autogoverno impegnati a contendere spazi alla destra. C’è un mondo che si riconosce in un nuovo civismo e aspetta che venga organizzato e accolto, e non nascosto, come accade così spesso nelle segreterie nazionali
All’indomani del voto ligure, l’editoriale del direttore del manifesto ha messo in fila una dopo l’altra le ragioni di un campo che non tiene il passo della sfida. Non servono mezzi termini, e già solo l’incipit, «per non continuare a perdere», suona come una scudisciata che dovrebbe far riflettere un bel pezzo della classe dirigente della sinistra del nostro paese, dovunque sia collocata.
Partiamo da noi. Partiamo da quella parte della coalizione che crede che nel paese serva radicalismo sociale e capacità di dare risposte ai territori. Alleanza Verdi e Sinistra può diventare parte della soluzione, a meno di voler trasformare un allarme in una solida delusione. Eppure sarebbe cosi semplice ripartire.
Le ultime elezioni europee hanno nascosto tra i numeri dei risultati un pericolo terribile che si manifesta oggi violento, ma che riposa da tempo in uno spirito tragico incarnato dalla sinistra. Resistere per esistere. E per farlo abbiamo scambiato le parti con il centrodestra berlusconiano, in una ripetizione grottesca. Leaderismo, opinion maker, foto opportunity, un intero prontuario di una cassetto degli attrezzi politici, che per quanto sia ormai radicato nel nostro tempo, non può bastare per chi continua a credere che le condizioni materiali dell’ultimo dei nostri concittadini siano il terreno di battaglia, che si tratti di diritti civili, di qualità della vita, di emancipazione e dignità. Sopratutto non bastano per vincere. Vent’anni fa il centrosinistra chiamava alla riscossa contro il berlusconismo inventando il protagonismo dei sindaci e delle coalizioni territoriali. Ci siamo ritrovati con lo smacco di aver regalato al centro destra una chiave per consolidare un consenso ancora maggioritario nel paese. Il Sindaco di tutti i sindaci, così ha festeggiato Marco Bucci appena eletto governatore. Uno smacco dal sapore amaro.
In Liguria non solo il campo non si allarga, ma il voto delle europee e delle politiche messo in congelatore là è rimasto. Mentre tutto corre, tutto ciò che non possiamo permettere alla sinistra è rimanere ferma, e non mettere a valore i semi di speranza che territorio per territorio crescono in mezzo alla tempesta. Reti sociali, amministratori locali, piccoli o grandi laboratori di autogoverno che contendono il campo alla destra corpo a corpo, in un picchetto antisfratto o nell’amministrazione di una città, di un comune, di una periferia maltrattata.
Il grande compito che avrebbe Alleanza Verdi e Sinistra, grande perché semplice. Battere un colpo. Uscire dal voto per risarcimento agli sconfitti, e conquistare il consenso che nasce da chi vuole ancora lottare. In Umbria e in Emilia Romagna è oggi la trincea, ma in trincea da sempre non vince nessuno, si può spostare la linea della sfida un poco più avanti ma cosi non basterà mai.
Serve la politica dice giustamente il direttore del manifesto. E la politica ha bisogno di spinte, ha bisogno di fame di vittoria, di ambizione e di popolo, come in un film grande che sta risvegliando sentimenti sopiti. Serve praticare e non assorbire, serve guardare a chi ancora nutre la speranza come azione, alle migliaia di volontari che in Emilia Romagna come in Spagna, a Bologna come a Valencia, sono scesi in strada, vanghe alla mano, per salvare almeno una vita, liberare una casa, salvare un’impresa, ma non solo, per mettere i corpi di fronte alla politica e a chi nega il cambiamento climatico, rispondere in cammino per chiedere di cambiare tutto. La solidarietà è la tenerezza dei popoli, diceva Che Guevara, e la tenerezza è un sentimento rivoluzionario.
Resistere per cambiare, per vincere, non per esistere, una lezione importante che dovremmo imparare dalla France Insoumise dopo aver festeggiato anche in Italia per un successo insperato.
Ecco senza una spinta ad accogliere tutto questo, in Europa come in Italia, in Liguria, come a Roma, la partita è già scritta, perché il gorgo che ci circonda è più profondo di un sondaggio. C’è un mondo che si riconosce in un nuovo civismo e aspetta che venga organizzato e accolto, e non nascosto, come accade così spesso nelle segreterie nazionali di chi oggi ha il compito di organizzare l’alternativa. Lo chiamavamo Municipalismo, possiamo tornare a dargli spazio e voce, basta poco. E che non trovi spazio dignitoso ancora in un progetto nazionale è una domanda a cui urgentemente servirà rispondere.
«Facite a faccia feroce», pare ordinassero gli ufficiali borbonici alle truppe stremate che poi sarebbero state sconfitte. Ecco non basta mettere su la faccia più convincente che abbiamo per cambiare la storia, dobbiamo fare qualcosa di più.
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