Bruno Accarino, il filosofo che interrogava il marxismo
Addii A lungo collaboratore del manifesto, lo studioso è stato un profondo conoscitore (come testimoniano anche i suoi libri) della grande cultura tedesca del tardo Ottocento e del Novecento, da Simmel a Weber, da Plessner a Luhmann
Addii A lungo collaboratore del manifesto, lo studioso è stato un profondo conoscitore (come testimoniano anche i suoi libri) della grande cultura tedesca del tardo Ottocento e del Novecento, da Simmel a Weber, da Plessner a Luhmann
Verso la metà degli anni Ottanta, quando, senza aspettare la caduta del Muro di Berlino, il marxismo era ovunque dato per morto, le pagine culturali del manifesto erano uno dei pochi luoghi dove una riflessione critica di ispirazione marxiana potesse svilupparsi e trovare ascolto. Nel folto gruppo dei collaboratori «filosofi», del quale anche io facevo parte, uno dei più acuti e originali era Bruno Accarino, che l’altro ieri è venuto prematuramente a mancare.
NAPOLETANO, nato nel 1951, Bruno aveva studiato filosofia a Firenze e si era radicato nell’ambiente fiorentino, senza mai rinunciare, però, alla sua bella parlata partenopea, ironica e sfottente, difficile da dimenticare per tutti quelli che lo hanno conosciuto. Nel 1973 si era laureato in Filosofia. E poiché alla metà degli anni Settanta il centro mondiale della filosofia, che attirava i migliori, era ancora la Germania, continuò i suoi studi in terra tedesca, prima vincendo la prestigiosa borsa del Daad per l’Università di Francoforte sul Meno, poi proseguendo le sue ricerche a Monaco e a Berlino. Il suo primo libro lo dedicò a uno dei protagonisti del marxismo italiano: Galvano della Volpe. Scienza positiva e teoria della storia, De Donato 1977. Ma i suoi interessi filosofici lo portavano inesorabilmente verso altri lidi: verso la grande cultura tedesca del tardo Ottocento e del Novecento, da Simmel a Weber, da Plessner a Luhmann.
Non si trattava però di un interesse storiografico o erudito, ma di un lavoro eminentemente teorico. Nel grande pensiero conservatore tedesco, soprattutto in quello del primo Novecento e della breve stagione della Repubblica di Weimar, Accarino cercava gli strumenti per mettere a fuoco, per indagare senza chiusure pregiudiziali, i problemi che, in qualche modo, al marxismo erano sfuggiti. Quei vuoti da cui dipendeva anche una certa debolezza e cecità del marxismo stesso: il problema del male, il demonismo del potere, la questione antropologica, cioè l’interrogazione sulla natura umana, alla quale il marxismo si era sempre sottratto nella convinzione che ciò che importa non è cosa l’uomo è, ma cosa può diventare. Bruno invece cercava di pensare in modo critico dopo la caduta delle illusioni progressiste e dialettiche. Non riscopriva tanto Carl Schmitt, come molti altri fecero in quella fase, ma tornava piuttosto a Weber (ricordo uno dei suoi libri più significativi, Ingiustizia e storia. Il tempo e il male tra Kant e Weber, Editori Riuniti 1994) e poi all’antropologia filosofica di Arnold Gehlen e soprattutto di Helmuth Plessner. Di Plessner curò per Manifestolibri (editore anche di altri suoi testi) il volume dall’ambizioso titolo Potere e natura umana (2006).
BRUNO ERA SCRITTORE prolifico e, talvolta, anche scrittore complicato, che richiedeva un non piccolo sforzo di decifrazione. Molto numerosi sono i suoi libri e anche i testi da lui curati. Tra i più significativi si possono ricordare Rappresentanza (uscito nel 1999 nella bella collana del Mulino «Lessico della politica»), Le frontiere del senso. Da Kant a Weber: male radicale e razionalità moderna (Mimesis 2005), e, più recentemente, Zoologia politica. Favole, mostri e macchine (Mimesis 2014), dedicato a un tema ricchissimo e affascinante, l’uso delle metafore animali (tutti ricordiamo gli uomini-lupi di Hobbes) nel pensiero politico moderno.
Professore ordinario di Filosofia morale nell’Università di Firenze, Bruno Accarino è stato per decenni una presenza importante sul piano accademico e pubblicistico. Ha collaborato, oltre che al manifesto, alle riviste che hanno fatto la storia recente della cultura politica italiana: da «Aut Aut» a «Il centauro», da «Democrazia e diritto» a «Critica marxista», da «Alfabeta» a «Filosofia politica». Lo ha fatto senza mai farsi condizionare dalle mode, ma seguendo una linea di pensiero rigorosa, coerente e sempre originale.
Il funerale laico si terrà a Firenze, oggi alle 15, nelle nuove cappelle del commiato di Careggi.
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