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Roma, il direttorio M5S gioca a poker

Roma, il direttorio M5S gioca a pokerVirginia Raggi – Ansa

Campidoglio I vertici pentastellati chiedono a Raggi quattro teste: fuori gli assessori Muraro e De Dominicis e anche i fedelissimi Marra e Romeo. La sindaca per ora dà la sua disponibilità a rinunciare solo agli ultimi due. E Marra avverte: Prima o poi parlerò anch'io

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 7 settembre 2016

Fuori gli assessori Paola Muraro e Raffaele De Dominicis. E bisognerà fare a meno di Raffaele Marra e Salvatore Romeo. Sono le pesanti richiese formulate in serata dal direttorio a Virginia Raggi. Strane sanzioni, dentro una relazione tra due soggetti, il M5S romano e quello nazionale, che sono legati a doppio filo e che sono ormai quasi obbligati a trovare un accordo. Misure imposte dalle circostanze degli ultimi giorni. Prima c’erano state le parole, dure e circostanziate, che l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini aveva pronunciato in mattinata ai microfoni di Radio Anch’io. Per Berdini quella romana è una «tempesta perfetta». «È innegabile che ci siano problemi giganteschi – scandisce – Ci vorrà molta determinazione e soprattutto molta onestà intellettuale per uscirne».

La sua ricostruzione degli eventi parte dalla rottura con Minenna e Raineri. «Una classe dirigente non si improvvisa – spiega Berdini – Ma una parte della classe dirigente aveva dato il suo assenso a lavorare con la giunta Raggi, in continuità anche con l’esperienza del commissario Tronca. Mi riferisco a Raineri e Minenna che sono stati costretti ad andare via». Ecco perché per Berdini «c’è qualcosa da ricucire e da ripensare profondamente». L’assessore lascia poco spazio ai retroscena. «Ormai bisogna fare i nomi – dice Berdini – Raffaele Marra deve fare un passo indietro se è vero quello che dicono le oche del Campidoglio, se è stato lui l’ispiratore di quella scellerata lettera all’Anac di Cantone. Non è possibile che ci sia qualcuno che pensi a scorciatoie di questo tipo. Credo che Virginia Raggi abbia il dovere di richiamarlo all’ordine e trasferirlo ad altre e più modeste mansioni».

La posizione di Berdini segna uno spartiacque. L’incontro di chiarimento tra gli assessori e la sindaca che poco prima delle 21 si tiene al Campidoglio, si apre con la disponibilità di Raggi a rinunciare ai suoi fedelissimi: oltre che del vicecapo di gabinetto Marra farà a meno anche del discusso Salvatore Romeo, funzionario comunale passato a dirigere la segreteria politica della sindaca.

La maggioranza monocolore più ampia della storia di Roma Capitale si ritrova smarrita e in cerca di vie d’uscita fin dal mattino. All’indomani delle dimissioni a catena della settimana scorsa c’era stata la promessa di un maggiore coinvolgimento del gruppo consiliare del M5S. Poi Raggi ha riservato ai consiglieri grillini la sgradevole sorpresa del silenzio sull’indagine a carico dell’assessora Paola Muraro. Si arriva così a una giornata di incontri e vertici, di telefonate tra i gruppi in Campidoglio e gli uffici pentastellati della Camera, dove il direttorio nazionale è in riunione col «mini-direttorio» romano, in costante contatto con la Casaleggio Associati a Milano e Beppe Grillo a Genova. Il primo obiettivo, in piena bufera, è quello di sopravvivere. Soltanto dopo si capirà come regolare i conti, aggiustare la macchina in corsa, ritrovare equilibri dentro il M5S. Di certo gli eventi di questi giorni sono fondativi, ci sarà un «prima» e un «dopo».

C’è anche un’altra esternazione di peso. Si tratta di Roberta Lombardi, la deputata romana che era uscita dal «mini-direttorio» in polemica con la sindaca e che gode ancora di ottime relazioni tra i 29 consiglieri comunali grillini. Lombardi allude al decisionismo di Raggi e alla necessità che Muraro faccia un passo indietro. «Il Movimento non è una singola persona, ma un progetto politico corale – afferma – E ora più che mai dobbiamo saper dimostrare con coerenza cosa è il M5S». E ancora: «Errori sono stati fatti ed è semplicemente onesto ammetterli. E’ il momento di avere coraggio, oltre gli slogan elettorali. Ammettere gli errori, chiedere scusa, mandare via chi con il M5S non c’entra nulla e mai c’entrerà nulla, fare gruppo perché la sfida è titanica e da soli non si può nulla».

Gli altri grillini sono alla ricerca di una linea da seguire in mezzo agli eventi che scorrono dentro la struttura liquida del M5S. Si sforzano di minimizzare. «Come forza di governo stiamo maturando un atteggiamento più responsabile, senza sparare contro una persona solo perché è oggetto d’indagine» dice ad esempio Davide Barillari, presidente del gruppo consiliare alla Regione Lazio. Ostenta sicurezza la consigliera comunale Teresa Zotta: «Il clima è tranquillo». E poi la frase che appartiene al manuale dell’ufficio stampa e che non ti aspetti da un pentastellato: «Bisogna vedere le carte». E il silenzio di Raggi e Muraro sull’indagine? «Probabilmente c’è stato un errore di metodo». «Non hanno mentito, tacere è diverso da mentire», dice invece l’assessora capitolina alla semplificazione Flavia Marzano. Ma la decisione che arriva dai vertici nazionali parla un’altra lingua.

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