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Acqua razionata, cittadini esasperati: la crisi idrica attanaglia Enna

Acqua razionata, cittadini esasperati: la crisi idrica attanaglia EnnaEnna, il serbatoio all’ingresso del ristorante Il mito di Kore – Elsa Rizzo

Sicilia La popolazione si arrangia come può mentre si chiede dove siano finiti i soldi stanziati per l’emergenza. Il comitato ottiene dal sindaco un’assemblea pubblica

Pubblicato 16 giorni faEdizione del 18 ottobre 2024

In un ottobre dalle temperature anomale, ieri si sono registrati 23 gradi nonostante la nebbia mattutina, a Enna la crisi idrica continua ad aggravarsi e l’unica certezza viene fornita da una data, quella del 15 novembre. Secondo il coordinatore regionale della Cabina di regia della protezione civile Salvo Cocina, in assenza di piogge significative, le riserve d’acqua della diga Ancipa si esaurirebbero quel giorno. In mancanza di fonti alternative Enna e gli altri sei comuni della provincia che da essa si approvvigionano rimarrebbero letteralmente senza acqua.

«In Sicilia la mancanza di acqua non è principalmente una questione di siccità». Ci tiene a chiare Fabiola Bevanda, vicepresidente del Comitato Senz’acqua Enna, costituitosi a metà settembre in risposta al nuovo regime di razionamento. L’acqua, che a distanza di un mese dal provvedimento continua a essere erogata ogni sei giorni, manca sia per carenze strutturali, secondo l’Istat nella regione il 51,6% dell’acqua viene perso durante il trasporto nelle tubature, che per una cattiva gestione del servizio da parte delle amministrazioni e dall’ente Siciliacque, come ribadisce il comitato.  L’emergenza per la Sicilia è stata dichiarata il 24 aprile e ci si chiede dove siano finiti i 22 milioni stanziati per farne fronte.

Ieri il sindaco, rappresentante di liste civiche riconducibili al centro destra, ha incontrato il comitato. Quest’ultimo ha chiesto e ottenuto un’assemblea pubblica alla quale presenzierà anche il sindaco che, riferisce il comitato, sosterrà i cittadini.

Nel frattempo, in città sembra non si parli di altro. Le attività commerciali come i saloni dei parrucchieri, solo dopo aver chiamato le autobotti, riescono a prendere appuntamenti per la settimana. Il timore, già verificatosi se si esaurisce la riserva, è quello di dover disdire gli impegni il giorno prima o di dovere chiudere l’esercizio per l’intera giornata.

I cittadini esasperati raccontano di mettere la sveglia nelle ore notturne, il momento in cui arriva l’acqua corrente, per avviare la lavatrice, lavarsi, ma soprattutto riempire i bidoni da tenere in casa. I ristoranti ridisegnano i menu riducendo o togliendo i piatti a base di pesce, i contorni di verdure, la frutta e i bar iniziano a servire il caffè nei bicchieri di plastica. Quasi tutti gli esercizi commerciali hanno chiuso almeno una volta. Anche l’uso dei servizi viene o esclusivamente limitato ai clienti o riorganizzato: le cassette dei bagni e i lavandini vengono bloccati e si utilizza l’acqua contenuta all’interno di grandi recipienti. I clienti comprendono e non si lamentano.

Da ieri in città sono stati installati alcuni bagni chimici. Le scuole continuano a essere aperte perché dispongono di serbatoi molto capienti e perché, come al liceo scientifico Pietro Farinato, le autobotti sono state chiamate dall’intermediario Acquaenna per tempo. E se mancasse del tutto l’acqua? Bisognerebbe valutare una chiusura anticipata.

La Sicilia, in un contesto di crescente preoccupazione per fenomeni meteorologici che non possono più essere additati come eventi estremi, è una terra storicamente impermeabile a forme di protesta radicali o di massa. Il comitato, ad esempio, ha una natura apolitica. Inoltre, in una terra sventrata dallo spopolamento a soffrire la mancanza di acqua è una fascia di popolazione più anziana e dunque, naturalmente, meno incline a manifestare.

La mancanza di acqua però tocca tutti. E come dice il gestore de Il mito di Kore, ristorante tipico ennese, ingegnandosi con un serbatoio molto grande posto davanti l’ingresso, antiestetico ma necessario: «Qui non stiamo parlando soltanto delle attività commerciali come della vetrina di una città, ma di un problema, quello della siccità e delle tubature che non può più essere sottaciuto».

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