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Rivolta Isis nel carcere di Volgograd, è il fronte interno che tormenta Mosca

Rivolta Isis nel carcere di Volgograd, è il fronte interno che tormenta MoscaArtiglieria ucraina vicino a Chasiv Yar, nel Donetsk – foto Ap

Fronte orientale L’incursione non si arresta, accuse di rischio atomico per le centrali di Kursk e di Zaporizhzhia

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 24 agosto 2024

Non c’è solo la guerra contro Kiev. In Russia, infatti, continuano ad avvicendarsi attentati, scontri e rivolte legati a quello che sembra essere una rinnovata tensione fra Mosca e militanti o affiliati dello Isis-k. L’ultimo episodio ieri, nel carcere di massima sicurezza Ik-19 a Surovikino nella regione di Volgograd, a sud della capitale. Diversi detenuti hanno preso in ostaggio membri del personale penitenziario e, stando alle informazione sinora disponibili, il risultante scontro con le forze dell’ordine arrivate per sedare il tentativo di rivolta ha lasciato dietro di sé quattro feriti, quattro morti fra i carcerati e tre fra le guardie penitenziarie. In rete, sono circolati video che mostravano i sequestratori posare davanti a una bandiera dello Stato Islamico e affermare che le loro azioni rappresentavano una forma di vendetta per la repressione che è seguita all’attacco terroristico presso la sala concerti del Crocus City Hall del marzo scorso (oltre 140 morti e 550 feriti).

Si tratta appunto di una lunga scia di eventi variamente correlati fra loro: dall’assalto all’aeroporto di Makhachkala, nord del Caucaso, a ottobre del 2023 (proprio ieri è stata emessa una sentenza di colpevolezza nei confronti di cinque individui daghestani) alla già menzionata strage nella sala concerti, dalle sparatorie coordinate sempre fra Makhachkala e Derbent di giugno fino a un’altra rivolta con sequestro di ostaggi nella casa circondariale temporanea di Rostov-sul-Don lo stesso mese.

Secondo il direttore del Comitato investigativo russo, Alexander Bastrykin, sarebbero almeno 10mila i migranti dei paesi centroasiatici che hanno di recente ricevuto la cittadinanza russa e che sono stati inviati in Ucraina, con diverse funzioni utili allo sforzo bellico. Sempre Bastrykin a luglio dichiarava che oltre 30mila persone di origine straniera appena naturalizzate erano state messe sotto osservazione dalle autorità perché non si erano registrate per il servizio militare. Senza tracciare uno stretto rapporto di causa-effetto, e come però rilevano numerosi analisti, c’è con molta probabilità una contraddizione crescente fra l’invasione dell’Ucraina, le condizioni dei migranti in particolare dal centro-Asia all’interno della Russia e un rinnovato dinamismo di sigle, gruppi e individui legati alle branche caucasiche dello Stato Islamico.

Il tutto mentre il presidente russo Vladimir Putin, con il recente viaggio in Azerbaijan e il bacio sul Corano nella capitale cecena, sembra volersi presentare come “garante della pace e della stabilità” nella regione. Più che dal punto di vista strettamente militare, infatti, le pressioni da parte ucraina rappresentano forse una minaccia per il Cremlino sul fronte interno. Nonostante l’ambasciatore russo negli Usa Anatoly Antonovi abbia dichiarato ieri che «è stata finalmente decisa una risposta per l’incursione di Kiev nell’oblast di Kursk», questa risposta nel frattempo tarda a materializzarsi – aumentando dubbi e domande relative all’effettiva capacità del paese nel fronteggiare adeguatamente attacchi dall’esterno. Intanto, è arrivata una nuova raffica di sanzioni da parte di Washington che colpiscono 400 soggetti, fra cui il figlio del ministro della difesa russo e diverse aziende cinesi che starebbero fornendo appoggio alla guerra di Mosca. Continua anche ad aleggiare lo spettro della “minaccia atomica”: se la Russia è in attesa della visita del dirigente dell’Agenzia internazionale dell’energia nucleare-Aiea per presunti pericoli alla centrale di Kursk, Kiev ha dichiarato ieri che la struttura di Zaporizhzhia «è sull’orlo del blackout».

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