Cultura

Rivolta e libertà nelle parole delle protagoniste

Rivolta e libertà nelle parole delle protagonisteMahsa Amini

Scaffale A proposito di «Nelle strade di Teheran», un libro scritto da Nila ed edito da Feltrinelli

Pubblicato 15 minuti faEdizione del 8 ottobre 2024

Se la prima parola che pronunci nella tua vita è «spegni», significa che non sei nata in un posto come un altro. A un anno per Nila le sillabe del sollievo o della ricerca di protezione formano una parola che di per sé chiede silenzio, riposo. Spegni, spegni l’allarme che annuncia la morte.

Nila nasce con il sottofondo della guerra tra Iran e Iraq. Il suo è un nome di fantasia, ha deciso così per la propria sicurezza e quella della sua famiglia per dare alle stampe un libro prezioso. Nelle strade di Teheran, edito da Feltrinelli (pp. 112, euro 15, traduzione di Vincenzo Barca), è uscito in Italia lo scorso giugno, pochi mesi prima del secondo anniversario della rivoluzione «Donna Vita Libertà» di cui Nila è stata una protagonista.

Una rivoluzione profonda, radicata in decenni di apparente apatia e di una rassegnazione che il regime di Teheran dava ormai per scontata.

La rivoluzione sopita è stata scatenata da una donna, una giovane donna, Mahsa Jina Amini che – scrive Nila – «andandosene all’altro mondo, ci ha traghettato in una nuova era». Il racconto lavora su vari piani, fisici, temporali e simbolici, un’assenza di staticità che è lo specchio della rivolta e del flusso di pensiero individuale. E che, letteralmente, cammina.

LA PASSEGGIATA dell’autrice per le vie della capitale, la sua città, conduce all’incontro con le contraddizioni della grande Teheran: un piccolo gruppo di liceali senza velo, la corsa in moto della polizia, il caos del centro, la folla di manifestanti che via via aumenta di numero e di coraggio fino agli spari e alla fuga.

E POI C’È UN’ALTRA passeggiata: Nila intercala l’oggi con la storia di ieri, ne sceglie una che è il simbolo di un femminismo radicale e radicato, quella di Tahereh. Poeta mistica, oratrice, teologa, condannata a morte a metà Ottocento per la sua fede considerata eretica e per la sua sfida aperta all’autorità costituita. Dietro la storia di Taheren ci sono sì le donne e la loro intrinseca poesia (potente come quella della tradizione persiana che «consumiamo come una droga»), ma anche il potere che da secoli si fa scudo di una religione artificialmente monolitica, la contorce e la rilegge a fini di controllo.

NON MANCA NEL MEMOIR di Nila la critica alle generazioni precedenti che hanno introiettato il silenzio. Non si parla, non si mette in discussione. Al massimo lo si fa dentro le pareti di casa, con un bicchiere di vino e la danza, lontano da occhi indiscreti perché la vita è vita e fuoriesce dai margini definiti. Questa, due anni dopo, la vera vittoria delle donne: le strade sono vuote ma le vite non sono tornate dentro i margini. La trasformazione sociale è inarrestabile, un cambio di piano che da fuori appare incomprensibile se si tratta di piccoli gesti quotidiani. Lo è tanto più in un’Europa che non vede le zone grigie ma appunta etichette, che siano quelle delle eroine di Teheran per cui val bene tagliarsi una ciocca o quelle delle scafiste perché hanno osato la fuga verso un luogo che pensavano libero.

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