Rivolta ad Haiti, spariti miliardi dei «fondi Petrocaribe»
L'isola caraibica scende in piazza Quella che era nata come una protesta anti-corruzione si è trasformata in una vera rivolta contro il governo
L'isola caraibica scende in piazza Quella che era nata come una protesta anti-corruzione si è trasformata in una vera rivolta contro il governo
La ribellione il popolo haitiano ce l’ha praticamente nel sangue, fin dal momento in cui la rivolta degli schiavi neri diede vita nel 1804 alla prima Repubblica libera del continente. Una gloriosa sollevazione che i loro discendenti sembrano però aver pagato molto cara: se si esclude la felice parentesi – chiusa dal golpe del 1991 – del primo governo di Aristide, ex sacerdote salesiano all’epoca antioligarchico e anti-imperialista, la storia di Haiti si è svolta tutta nel segno di una permanente instabilità politica e sociale, provocata da un’interrotta successione di dittature, colpi di Stato e governi più che corrotti.
NON FA ECCEZIONE neppure il governo attuale del presidente Jovenel Moïse, contro cui mercoledì scorso – nell’anniversario dell’assassinio, nel 1806, del padre della nazione haitiana Jean-Jacques Dessalines – hanno manifestato, nelle principali città del paese, decine di migliaia di persone.
A scatenare la protesta è stata, questa volta, la distrazione di oltre 3 miliardi di dollari dal fondo di Petrocaribe – il programma solidale lanciato nel 2005 dal governo Chávez per distribuire petrolio all’area caraibica – operata dall’attuale governo e dai due precedenti, ugualmente corrotti, di Preval e Martelly. Un’appropriazione indebita di fondi pubblici di cui sarebbero responsabili una dozzina di ex ministri – nessuno dei quali raggiunto finora da alcuna inchiesta giudiziaria – che avrebbero investito il denaro sottratto in opere a esclusivo vantaggio dell’élite, a cominciare dal lussuoso Hotel Marriot a Port-au-Prince.
QUELLA CHE era nata come una protesta anti-corruzione, al grido “dove sta il denaro di Petrocaribe?” e “Moïse restituisci il denaro”, si è però rapidamente trasformata – anche grazie alla dura repressione della polizia nazionale, costata la vita a un manifestante – in una vera rivolta contro il governo, da cui ora le forze popolari esigono la rinuncia. Con un obiettivo preciso: quello di dare vita, come ha spiegato Alcides García Carrazana della segreteria operativa di Alba Movimientos, a «una conferenza nazionale delle diverse forze politiche allo scopo di eleborare un progetto popolare per la conquista del governo e l’avvio di un’autentica ricostruzione del paese».
«Abbiamo già sofferto troppo – ha dichiarato uno dei manifestanti a una televisione messicana – per sopportare ancora senza ribellarci. E questa volta non retrocederemo finché non ci prenderemo il governo».
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