Una botta grossa alle 7 e 07 del mattino (5.5 gradi sulla scala Richter) e poi almeno settantacinque repliche di assestamento nel corso della giornata. Il terremoto che ieri mattina ha svegliato le Marche ha avuto come epicentro il mare, nel pesarese, a una trentina di chilometri dalla spiaggia di Marotta (quella cantata da Loredana Berté ne Il mare d’inverno») con una profondità stimata di 8 chilometri.

S’È SENTITO in mezza Italia il sisma, ma fortunatamente non sono stati rilevati danni (a parte qualche calcinaccio caduto qua e là) né vittime o feriti, solo un grande spavento e la sensazione di essere tornati a sei anni fa, quando la terra dell’Italia centrale tremò quasi ininterrottamente per mesi, con centinaia di morti e migliaia di edifici completamente sventrati. Sopralluoghi dei vigili del fuoco e della protezione civile a parte, l’unica conseguenza è stata il blocco della linea ferroviaria adriatica per quasi tutta la mattinata. Oltre a questo, scuole chiuse in via precauzionale in diversi comuni della regione (nel tardo pomeriggio è arrivata la conferma che nessun istituto ha subito danni) e molta gente in strada, spaventata da una scossa durata diverse decine di secondi.

SECONDO il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni, la scossa «è dovuta al fronte della catena appenninica sepolta sotto al mare Adriatico, che si sta accorciando tra i 2 e i 3 millimetri all’anno. Una regione notoriamente sismica la cui attività permette alla crosta adriatica di scendere sotto quella appenninica, attraverso un fenomeno noto come subduzione».

Mentre da Roma la premier Giorgia Meloni ha fatto sapere di essere «in costante contatto» con i vertici della regione, il commissario straordinario per il sisma del 2016 Giovanni Legnini, ad accertamenti ancora in corso, ha commentato l’ennesima giornata campale dicendo che «non c’era bisogno di questo nuovo evento per ricordarci che le Marche, come le aree interne dell’Appennino e molte altre del paese, sono caratterizzate da un rischio sismico elevato, che richiede il massimo sforzo sulla prevenzione».

A QUESTO PROPOSITO non sono pochi quelli che si interrogano sull’intenzione del governo di autorizzare nuove trivellazioni anche in Adriatico alla ricerca di idrocarburi. Se i geologi e gli esperti concordano nel dire che le operazioni del passato non hanno nulla a che vedere con i terremoti, le preoccupazioni riguardano soprattutto la sicurezza di queste infrastrutture. La zona è notoriamente fragile, non solo da un punto di vista sismico, ma anche idrogeologico (meno di due mesi fa l’esondazione del fiume Misa, in provincia di Ancona, ha causato 12 vittime e 50 feriti) e la cura del territorio dovrebbe essere una priorità, cosa che viene spesso ripetuta dai vari amministratori ma che poi assai raramente si traduce in atti concreti.

TRA I CITTADINI la paura è tanta: un sisma è un evento imprevedibile, ma dalla Regione Marche è arrivato un comunicato piuttosto allarmante. «Si prevede che lo sciame sismico continuerà anche nei prossimi giorni – si legge in una nota -. Alcune di queste repliche potrebbero essere risentite dalla popolazione, specie quella residente lungo la costa, senza escludere altri eventi di altrettanta entità, anche se al momento è impossibile fare previsioni».

IL PENSIERO VA alla sentenza con cui il mese scorso il tribunale di L’Aquila ha attribuito ad alcune delle vittime una corresponsabilità del 30% perché sarebbero stati imprudenti a non essere usciti dall’edificio poi crollato dopo tutte le avvisaglie che avevano preceduto il devastante terremoto del 2009. È in questo senso che va letta la comunicazione uscita dalla Regione: non si vuole correre il rischio di aver dato una comunicazione «inopportunamente e scorrettamente tranquillizzante», come da definizione della Cassazione sulle modalità con cui le istituzioni locali abruzzesi e la Commissioni Grandi Rischi avevano trattato le scosse precedenti a quella della notte del 6 aprile di 13 anni fa.

L’atmosfera nelle Marche appare sospesa: da un lato c’è l’ovvia speranza che sia finita qui, dall’altra l’altrettanto ovvia paura di essere ripiombati nell’incubo che, a cavallo tra il 2016 e il 2017, sembrava dovesse non finire mai.