Ripristino della natura, il Consiglio Ue approva la legge. Italia contraria
Ambiente I Paesi membri dovranno presentare piani nazionali. Entusiasti gli ambientalisti, no invece dalle organizzazioni degli agricoltori: «È un attacco al settore»
Ambiente I Paesi membri dovranno presentare piani nazionali. Entusiasti gli ambientalisti, no invece dalle organizzazioni degli agricoltori: «È un attacco al settore»
Il Consiglio Ue ha dato il via libera alla legge sul Ripristino della natura. Venti i Paesi che hanno votato a favore, sei quelli contrari e cioè Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia. Si è astenuto il Belgio. La legge arriva mentre sono iniziati i negoziati per la Commissione che poi verranno formalizzati nel Consiglio europeo del 27 e 28 e si deve insediare il nuovo Parlamento europeo. Una fretta che può leggersi come la volontà di mettere in sicurezza la norma che prevede il ripristino di almeno il 30% degli habitat europei minacciati entro il 2030, di almeno il 60% entro il 2040 e di almeno il 90% entro il 2050.
Le opere previste dal regolamento riguarderanno zone umide, fiumi, coste, mare, praterie, boschi, ambienti agricoli, verde urbano, con un programma di ripristino della natura europea tanto imponente quanto necessario. L’obiettivo del nuovo Regolamento Nature Restoration Law, per cui è stato decisivo il voto della ministra verde austriaca in contrasto con il suo governo, è infatti quello di mitigare il cambiamento climatico e gli effetti dei disastri naturali. Tra gli ambiti di intervento ci sono anche l’abbondanza e la diversità degli insetti impollinatori selvatici, i cui numeri in Europa sono diminuiti drasticamente.
Gli Stati membri dovranno mettere in atto anche misure per migliorare la popolazione di farfalle delle praterie, lo stock di carbonio organico delle terre coltivate e la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad elevata diversità: un attacco alle monocolture che abusano di pesticidi ed erbicidi di sintesi. Altre misure chiave della legge sono l’aumento della popolazione di uccelli forestali e la garanzia che non vi sia alcuna perdita netta negli spazi verdi urbani e nella copertura delle chiome degli alberi fino alla fine del 2030, difficile da attuare almeno nel nostro Paese in assenza di una legge che contrasti il consumo di suolo. È previsto anche di trasformare almeno 25mila chilometri di corsi d’acqua in fiumi a corso libero entro il 2030, rimuovendo le barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali.
Adesso tocca ai Paesi membri presentare alla Commissione Piani nazionali di ripristino, anche se l’Italia è fortemente contraria: «Il via libera conferma che a Bruxelles vogliono ignorare il segnale che gli elettori hanno dato nelle urne. Mentre i cittadini dicono basta all’ambientalismo ideologico, il Consiglio Ue va avanti con il Green Deal, grazie alla complicità di una ministra austriaca dei Verdi, che si fa beffe del suo stesso governo guidato da un esponente del Partito Popolare» ha detto il vice-presidente del Senato ed ex ministro dell’Agricoltura Centinaio (Lega). Di tutt’altro avviso Legambiente, Wwf e Lipu («È un evento senza precedenti per l’opera di conservazione della biodiversità europea» ha detto il presidente Alessandro Polinori), mentre le associazioni agricole agitano lo spauracchio dell’attacco al settore.
Ieri, intanto, il Consiglio ha deciso di concludere l’accordo delle Nazioni Unite sulla biodiversità al di là delle giurisdizioni nazionali (Bbnj), noto anche come «Trattato sulla biodiversità in alto mare». L’Ue adesso è pronta a depositare lo strumento di ratifica, impegno che Bruxelles dovrebbe concludere prima della Conferenza Onu sugli oceani, in programma nel giugno del 2025. Il Trattato entrerà in vigore non appena sarà stata ratificato da 60 Paesi. Attualmente, solo 7 lo hanno ratificato, 89 firmato. Il documento prevede una governance condivisa sul 95% del volume degli oceani. Obiettivo: creare aree marine protette in alto mare, proteggendo gli oceani dalle pressioni antropiche.
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