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Ripristino della natura, adesso tocca al governo

Ripristino della natura, adesso tocca al governo

Unione Europea L’Italia è stata in prima fila nel contrastare l’approvazione della legge, facendo blocco con i paesi del nord-est europeo (Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia)

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 20 giugno 2024

La legge europea sul ripristino della natura è stata approvata in via definitiva. Nella riunione del Consiglio Ue Ambiente del 17 giugno è stato decisivo il ripensamento della ministra austriaca per l’energia e il clima, Leonore Gewessler, che ha votato a favore della legge, in contrasto con la posizione del suo governo. Dopo i tanti passi indietro in campo ambientale, questo sussulto finale consente di introdurre importanti misure di salvaguardia e ripristino degli ecosistemi europei. La campagna di disinformazione che ha accompagnato l’iter della legge è stata massiccia e i settori dell’agroindustria si sono distinti per i toni apocalittici utilizzati nel valutare le norme proposte.

Il Parlamento europeo aveva approvato la legge il 27 febbraio 2024 con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti, dopo una lunga fase di negoziati tra le forze politiche. Poi è seguita una fase di stallo per le proteste di alcuni settori agricoli e in vista delle elezioni europee, con un fronte di paesi che mirava a impedire il raggiungimento di una maggioranza qualificata nel Consiglio europeo (il 55% dei paesi dell’Ue in rappresentanza del 65% della popolazione). L’Italia è stata in prima fila nel contrastare l’approvazione della legge, facendo blocco con i paesi del nord-est europeo (Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia). Alla fine sono stati 20 su 27 i paesi che hanno votato a favore della legge, per una popolazione pari al 66%. Il Belgio si è astenuto.

La contrarietà del governo italiano è il risultato di una visione ideologica, intrisa di negazionismo climatico e piegata agli interessi dell’agro-industria. Ma i dati indicano che questa legge era necessaria. Secondo uno studio dell’Agenzia europea dell’ambiente, l’81% degli habitat dell’Ue è degradato e solo il 15% si trova in buono stato di conservazione. L’Ispra mette in evidenza, inoltre, che il 36% degli habitat degradati mostra una tendenza verso un ulteriore deterioramento. L’Europa è una delle aree dove è più evidente il rapporto tra degrado degli ecosistemi e crisi climatica.

La nuova legge vuole contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità, puntando sul ripristino degli ecosistemi terrestri, costieri e marini, fiumi, laghi, zone umide, foreste, formazioni erbacee, ecosistemi agricoli e urbani. La legge impone ai paesi dell’Ue di ripristinare almeno il 30% degli habitat degradati entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050. Nel piano si dovrà dare priorità alle zone della rete Natura 2000, un sistema di aree protette destinate alla conservazione della diversità biologica animale e vegetale.

Le nuove norme stabiliscono che ogni paese debba raggiungere degli obiettivi per la salvaguardia degli ecosistemi forestali e conservare la superficie totale degli spazi verdi urbani, aumentando la copertura arborea. Per i fiumi si fissa l’obiettivo di consentire lo scorrimento libero dell’acqua per 25 mila chilometri del loro corso. Per la conservazione del carbonio, ogni paese dovrà ripristinare entro il 2050 il 50% delle torbiere drenate. Per gli ecosistemi agricoli, dove il 70% dei terreni si trova in condizioni di degrado, dovranno essere adottate misure idonee a migliorare almeno due di questi tre indicatori: popolazione delle farfalle; stock di carbonio organico nei terreni coltivati; percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio (siepi, arbusti, alberi, zone umide). Le nuove norme entrano in vigore da subito, 20 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue. Ciascun paese dovrà varare un piano di ripristino, indicando le strategie messe in atto e gli strumenti adoperati. Ogni governo è obbligato a monitorare le misure adottate e a riferire sui risultati raggiunti.

Le critiche più forti sono arrivate dal settore agricolo che ha giudicato la legge «non sostenibile» per i maggiori oneri economici. Ma si tratta di una legge che non rappresenta una minaccia per gli agricoltori, perché la normativa prevede un approccio graduale per il raggiungimento degli obiettivi e numerosi elementi di flessibilità per tutelare le produzioni agricole. L’accordo prevede anche un «freno di emergenza», fissando nel 2033 una verifica della legge per valutarne l’impatto sui vari settori e introdurre correttivi.

C’è, inoltre, la possibilità di sospendere temporaneamente le misure per il settore agricolo in caso di eventi imprevedibili ed eccezionali con gravi conseguenze per la sicurezza alimentare. Ora il governo deve recepire la legge e definire i piani nazionali di salvaguardia e ripristino. Da dove partire? Gli ecosistemi più compromessi sono quelli costieri e dell’area padana. In Italia il 100% degli ecosistemi è a rischio nella regione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica. Sul territorio sono presenti 85 tipi di ecosistemi terrestri e 394 habitat marini, ma è sotto tutela solo il 17% della superficie terrestre e l’11% di quella marina. L’approvazione della legge sul consumo di suolo, che attende in Parlamento, dovrebbe essere il primo passo per fermare l’uso spregiudicato del territorio.

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