Rio, l’importante è nascondere
Olimpiadi 2016 Pannelli ovunque, gli ambulanti e gli artigiani cacciati dalle spiagge, bloccata l'economia informale
Olimpiadi 2016 Pannelli ovunque, gli ambulanti e gli artigiani cacciati dalle spiagge, bloccata l'economia informale
Rio e le sue spiagge, è questo che si vuole fare vedere durante le olimpiadi. Usciti dall’aeroporto Tom Jobin si percorre la Joao Gulart, tangenziale veloce che porta alla città. A chi come noi l’ha percorsa diverse volte in questi ultimi anni, la prima cosa che salta all’occhio è che lungo la tangenziale ci sono spiagge mai esistite in passato. Sono disegnate su degli enormi pannelli che costeggiano ininterrottamente la strada e che impediscono di vedere ciò che c’è dietro. Lo sterminato spettacolo di luci, che si arrampicano sui vari «morri» e che si godeva in piena notte, non c’è più. L’amministrazione di Rio dice che si è trattato di un intervento fatto per isolare le varie comunità dal rumore della strada. L’unico varco, dopo molta strada percorsa, fatalmente mostra il nuovo polo universitario, super moderno, sembra che a studenti e docenti di questa scuola esclusiva il rumore del traffico non dia fastidio. I pannelli riprendono fino a che non si esce dalla grande arteria e si entra a Rio. In tutte le zone della città interessate alle olimpiadi, si lavora giorno e notte, la polizia osserva i cantieri, gli operai si muovono freneticamente, si lavora ininterrottamente, anche a Copacabana.
I MURALES DI JAMBEIRO
Oltre all’Arena per il beach volley c’è la loja oficial, dove si possono acquistare i prodotti dei Giochi olimpici e una grande sala stampa a poche centinaia di metri dal forte dove comincia la passeggiata della spiaggia. Sui muri del forte i murales di Jambeiro, che con i suoi graffiti ripercorrono il drammatico Mondiale del 2014, c’è anche Mario Balotelli, oltre a Casillas, Suarez, Klose e altri protagonisti della rassegna iridata. Jambeiro è lo stesso che aveva dipinto sui muri di Lapa il Mondiale dei sogni, con Neymar con la Copa e Messi in lacrime. Erano solo sogni. La spiaggia di Copacabana è famosa non solo per le sue onde, per i suoi grandi alberghi e i palazzi esclusivi, a renderla viva centinaia di persone che fanno sport, passeggiano, suonano, ballano e i molti che vivono come luogo di lavoro il lungomare e la sua spiaggia. Artigiani che vendono direttamente sulla strada e che si rivolgono a un pubblico che arriva da tutto il mondo. Sono l’equivalente dei venditori di bibite fuori dagli stadi o dove ci sono i concerti e le grandi feste. La cosiddetta economia informale, che vedeva nei grandi eventi sportivi un’interessante opportunità è stata spazzata via. Vedere venditori scappare, inseguiti dalla polizia, è diventata una scena consueta, mentre a Rio in passato questo non accadeva mai. Solo se i venditori ambulanti dispongono la propria merce sullo spartitraffico è tollerata la loro presenza, i turisti però amano passeggiare vicino all’Oceano, non in mezzo al traffico. Nelle stazioni della metropolitana, che porta alle spiagge di Copacabana e Ipanema, la polizia chiede i documenti alla gente, coloro che arrivano dalle zone povere della città vengono rimandate indietro, viene impedito loro anche di andare in spiaggia.
A COPACABANA
«I ragazzini vedono la spiaggia come una possibilità di lavoro, ma da qualche tempo anche chi andava solo a lavorare, dando una mano nelle varie baracche, dove si affittano sdraio e ombrelloni, non lo può più fare», racconta Rodrigo, che con la sua famiglia gestisce proprio una di queste attività. «Noi siamo in regola e teoricamente non dovremmo lamentarci di quanto sta accadendo, perché la cosa non ci tocca direttamente, ma il bello di queste spiagge è sempre stato il mescolarsi tra le persone. E poi che fastidio dà la gente che lavora, che tiene pulita la spiaggia, che di fatto la controlla perché ci vive e la conosce? È solo gente che vuole vivere del proprio lavoro, ma non glielo lasciano fare». Era già successo durante la Coppa del Mondo. Angelo vive a Vidigal, la favela che si arrampica sull’Arpoador. Da anni mantiene la sua famiglia vendendo i suoi prodotti di artigianato: «A Ipanema, si riesce ancora a lavorare. Chi come me è qui da anni conosce davvero tutti e riesce a muoversi, invece a Copacabana è impossibile. Addirittura, sul lungomare, sulla famosa passeggiata dell’Avenida Atlantica, non si può più sostare, quando è li che si sono sempre fatti i migliori affari. Sai quanta gente ci passeggia? Il mondo. E oggi non poterci stare è un danno gravissimo per centinaia di persone. Certo, c’è chi ci prova, ma poi passa la polizia civile e ti sequestra tutto. Bisogna sempre essere pronti a correre, insomma. Questo vuol dire chiudere un capitolo e aprirne un altro. Il bello di queste due spiagge è che ci sono sempre venuti tutti, ricchi e poveri. E chi lavora sulla spiaggia, chi suona e canta, chi gioca a calcio tennis o fa surf sono coloro che colorano la spiaggia, la rendono viva, unica, la cosa assurda è che tutto questo ai turisti piace molto». Marcelo è di Fortaleza: «Ero venuto qui durante la Coppa del Mondo con grandi aspettative, pensavo che avrei fatto buoni affari. Non è stato così. Io giro tutto il Brasile, ho imparato in Perù a lavorare l’argento e non ho mai avuto problemi a vendere i miei monili. È sempre bastato esporli e mostrare la tecnica di lavorazione. La gente si ferma sempre a osservare e molti comprano proprio perché ogni pezzo è diverso e unico. Ma se non posso neppure stare fermo perché devo guardarmi dalla polizia solo perché cerco di fare il mio lavoro, come pensi che possa fare affari? I Giochi Olimpici? Qualche giorno prima che comincino mi sposterò, credo verso Nord. Come me lo faranno tanti».
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